Il destino dei buchi neri è stato esplorato per la prima volta grazie a complesse simulazioni numeriche, che gettano un po’ di luce su uno dei più grandi misteri irrisolti della fisica: che cosa accade a questi oggetti quando evaporano, un fenomeno previsto dal celebre fisico Stephen Hawking ma ancora mai osservato. La simulazione, pubblicata sulla rivista Physical Review Letters, è stata messa a punto da Università Sapienza di Roma e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), in collaborazione con l’Istituto danese Niels Bohr. I risultati suggeriscono che l’evaporazione dei buchi neri nati nei primi istanti di vita dell’universo potrebbe spiegare anche la sfuggente natura della materia oscura.
Tra i risultati ottenuti dai ricercatori, guidati da Fabrizio Corelli di Sapienza e Infn, c’è la possibilità che il buco nero, restringendosi, riveli la cosiddetta ‘singolarità gravitazionale’ nascosta al suo interno. Ogni buco nero, infatti, contiene una singolarità: cioè un punto, previsto dalla relatività generale di Albert Einstein, in cui la densità della materia raggiunge valori così elevati in un volume così ristretto da provocare un collasso gravitazionale dello spazio-tempo. Si pensa che anche il Big Bang possa aver avuto origine da una di queste singolarità. Questo primo scenario, tuttavia, violerebbe un’altra teoria, che afferma che la singolarità non può mai uscire al di fuori di un buco nero.
Una seconda alternativa, altrettanto affascinante, dice che i buchi neri potrebbero trasformarsi nei famosi e suggestivi wormhole, anch’essi previsti dalla relatività generale di Einstein. Un wormhole è un tunnel che collega punti diversi dello spazio-tempo, e sarebbe un perfetto candidato per spiegare la materia oscura. “È inevitabile che, durante l’evaporazione, gli effetti gravitazionali diventino sempre più importanti, al punto da modificare il risultato finale”, osserva Corelli. “È per questo - conclude - che è particolarmente interessante studiare questi fenomeni”.
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