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Bernini, nella ricerca passiamo dalla quantità alla qualità

Bernini, nella ricerca passiamo dalla quantità alla qualità

Grazie a criteri trasparenti, non possiamo dare poco a tutti

04 luglio 2023, 13:03

Redazione ANSA

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Bernini, nella ricerca passiamo dalla quantità alla qualità (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Bernini, nella ricerca passiamo dalla quantità alla qualità (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Bernini, nella ricerca passiamo dalla quantità alla qualità (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA

I finanziamenti alla ricerca scientifica devono basarsi non sulla quantità ma sulla qualità: lo afferma la Ministra dell'Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, intervenuta a Roma al convegno sulla ricerca pubblica in Italia organizzato dall’Accademia Nazionale dei Lincei. “Dobbiamo cominciare a scegliere tra quantità e qualità, utilizzando criteri di valutazione chiari, certi e trasparenti: non possiamo dare poco a tutti. Dalla ricerca dipende la nostra salute, la nostra sicurezza, la nostra capacità di andare avanti – dice Bernini – è quindi al servizio della comunità e dobbiamo fare in modo che la consapevolezza di questo punto diventi parte integrante della ricerca stessa”.

La ministra sottolinea la criticità del cosiddetto ‘scalino’ del 2026, quando si esauriranno i fondi del Pnrr. “Un tema molto sfidante riguarda i destini della parte straordinaria del finanziamento alla ricerca, cioè il Pnrr”, commenta Bernini. “È evidente che dopo il 2026 non ci sarà uno scalino ma uno strapiombo. Il nostro vantaggio è saperlo in anticipo e questo ci consente di prepararci. In primo luogo, grazie alla programmazione. Ma nulla potrà sopravvivere al 2026 se la soluzione non sarà multifattoriale, comprendendo università, enti di ricerca e imprese. Bisogna imparare a guardarsi con occhi diversi – aggiunge la Ministra – non è più possibile lavorare per compartimenti stagni”.

Anna Maria Bernini parla anche dei passi avanti necessari per superare i problemi ancora presenti nel mondo della ricerca pubblica. “Un elemento riguarda l’intempestività dell’allocazione dei fondi rispetto all’assegnazione dei progetti, un problema che rischia di far franare tutto. Abbiamo già eliminato uno step procedurale – prosegue Bernini – quindi benino ma non benissimo. Stiamo anche cercando di agire sulla dispersione della ricerca: l’obiettivo è creare una banca dati e un portale aperto che rendano conoscibili i dati e uniformino tutta l’offerta della ricerca nazionale, europea e internazionale”.

 

Parisi, il problema dei ricercatori italiani è il precariato

Il problema più grande dei ricercatori italiani è il lunghissimo precariato, che non consente di fare piani e progetti a lungo termine. Lo afferma il premio Nobel per la Fisica 2022 Giorgio Parisi, che ha partecipato a distanza al convegno. “In Italia le assunzioni a tempo indeterminato sotto i 31 anni sono rarissime – dice Parisi durante la tavola rotonda presieduta da Guido Martinelli, linceo e ricercatore dell’Università Sapienza di Roma – mentre in Francia a quell’età si è già reputati troppo vecchi per fare il proprio ingresso nel mondo della ricerca”.
Parisi si sofferma su un’altra differenza tra Italia e Francia: “Nel Consiglio Nazionale francese per la Ricerca, gli italiani hanno superato per numero i ricercatori francesi, mentre da noi succede il contrario. L’Italia non è un paese attrattivo per i giovani e ancora meno per i ricercatori: lo dimostra – continua il premio Nobel – la tremenda emorragia di ricercatori di cui soffre il nostro Paese non compensata, il fattore per me più preoccupante. In questo ambito pesa, ad esempio, l’impossibilità di fare domanda per ottenere finanziamenti che non siano inseriti in grosse cordate nazionali, impossibilità che impedisce di portare avanti le proprie idee”.
Anche Giorgio Parisi, come molti altri partecipanti al convegno, insiste sul problema della scadenza al 2016 del Pnrr. “Capire quali risorse avremo a disposizione dopo il Pnrr è fondamentale per attirare in Italia ricercatori di qualsiasi nazionalità. Gli scienziati vogliono poter sviluppare le proprie idee – conclude Parisi – e quindi servono finanziamenti costanti, non condizionati dai risultati alle elezioni politiche. Questo darebbe ai ricercatori la stabilità necessaria per programmare il proprio futuro con serenità”.

 

Giorgetti, l'innovazione motore della crescita economica

L’innovazione è il motore primario della crescita economica: questo il tema fondamentale al centro dell’intervento del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti, che ha inviato un messaggio all’evento. “L’esplorazione, la scoperta, la valorizzazione del nuovo, sono i motori della crescita economica”, scrive Giorgetti. “L’eccellenza nella ricerca fondamentale va mano nella mano con le opportunità e gli stimoli alla sperimentazione e all’innovazione. Per questo motivo, ho da subito promosso l’adesione del ministero dell’Economia all’iniziativa promossa dal ministro Bernini, che ringrazio”

Il ministro sottolinea l’importanza dell’internazionalizzazione della comunità degli studi, ingrediente essenziali, insieme alla qualità dei percorsi educativi, per la formazione delle nuove élites professionali e per una costante tensione verso la crescita economica, la libertà, la società aperta. “Desidero condividere con voi l’auspicio per una crescente internazionalizzazione del reclutamento di docenti, ricercatori e studenti – dice Giorgetti – e, inoltre, per la costante evoluzione dell’organizzazione degli insegnamenti nelle nostre università”.

Il messaggio di Giancarlo Giorgetti si sofferma anche sull’importanza, per l’Italia, di dotarsi di soluzioni per l’analisi delle tendenze scientifiche e tecnologiche. “In campi chiave per la crescita, dalla fotonica alla microelettronica, dalle tecnologie quantistiche ai nuovi materiali avanzati, fino alle scienze della vita, il Paese è chiamato a rafforzare la propria dotazione di infrastrutture di innovazione e di linee pilota. Queste sono vere e proprie piattaforme abilitanti – conclude il ministro – che vanno realizzate e gestite comprimendo la distanza tra ricerca fondamentale e sviluppi d’interesse industriale”.

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