Passo in avanti nei computer quantistici, grazie a nuovi materiali che permettono di allungare fino a 5 volte la vita delle loro unità di informazione, i qubit. Il risultato, che promette di avere presto applicazioni concrete si deve alla ricerca coordinata da Anna Grassellino, direttrice del centro Sqms al Fermilab di Chicago, pubblicata sulla rivista npj Quantum Information di Nature.
“Grazie a questo nuovo processo i qubit possono vivere da 2 a 5 volte più a lungo rispetto a quanto avviene con le tecniche standard”, ha detto all'ANSA Grassellino, che nel 2022 è stata fra i vincitori dell’ambito Breakthrough prize, consderato l'Oscar della scienza. “Si tratta di un avanzamento importante – ha aggiuntola ricercatrice – perché il tempo di vita dei qubit determina il numero di errori a cui va incontro un computer quantistico”.
Eliminare gli errori, ossia fare in modo che i qubit, l’analogo quantistico dei bit tradizionali, riescano a rimanere perfettamente isolati da interferenze esterne è al momento la maggiore sfida per arrivare a computer quantistici realmente utili. Un problema che i ricercatori del Fermilab stanno provando a risolvere dalla radice. Stanno cioè eliminando dai materiali con cui sono costruiti i chip qualsiasi imperfezione che possa alterare lo stato dei qubit.
Il lavoro si è focalizzato sui chip a superconduttori, le cui unità di informazione si chiamano transmoni. Utilizzando alcune delle più sofisticate tecniche di microscopi, la ricerca ha dimostrato che incapsulare il materiale superconduttore con una sorta di patina isolante può eliminarne gran parte dei difetti di fabbricazione.
La scoperta è stata quindi testata sui computer quantistici di una delle maggiori aziende del settore, e ha dimostrato di poter allungare la vita dei qubit (senza andare incontro a errori) fino a 0,6 millisecondi, ossia ben 5 volte rispetto alla norma. Un tempo apparentemente brevissimo, ma più che sufficiente per eseguire calcoli all’interno di un computer quantistico.
“Una delle cose più importanti – ha aggiunto Grassellino – è che ne abbiamo dimostrato la riproducibilità non solo in laboratorio, ma con applicazioni commerciali”.
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