Per la prima volta sono stati decodificati per intero i cromosomi X e Y in cinque specie di grandi scimmie: scimpanzé, bonobo, gorilla, oranghi del Borneo e di Sumatra, e in un’altra specie più lontanamente imparentata con l’uomo, il gibbone siamango: si tratta delle prime sequenze cromosomiche complete di primati non umani, un importante risultato pubblicato sulla rivista Nature. Poiché queste specie sono i parenti evolutivamente più vicini agli esseri umani, i dati raccolti contengono preziose informazioni anche sulla nostra evoluzione, aiutano a comprendere le malattie legate ai geni presenti su questi cromosomi e possono anche aiutare a proteggere in maniera più efficace questi animali in pericolo. Lo studio è stato guidato dall’Università Statale della Pennsylvania.
Analizzando le sequenze ottenute, i ricercatori coordinati da Kateryna Makova hanno evidenziato che dal 62% al 66% dei cromosomi X e dal 75 all'82% dei cromosomi Y sono composti da sequenze ripetitive di Dna: questo tipo di sequenze sono molto più difficili da identificare e lo studio del Dna ripetitivo è diventato infatti possibile solo negli ultimi anni, grazie alle nuove tecnologie di sequenziamento.
Come i cromosomi Y umani, anche quelli delle grandi scimmie contengono molti meno geni rispetto all’X, ma i risultati hanno anche svelato una grande variabilità tra le varie specie: mentre oltre il 90% delle sequenze del cromosoma X delle scimmie corrisponde a quello degli umani, dimostrando che questi cromosomi sono rimasti relativamente invariati nel corso di milioni di anni di evoluzione, solo dal 14% al 27% delle sequenze cromosomiche Y delle scimmie si possono allineare a quelle degli esseri umani.
“L'entità delle differenze tra i cromosomi Y di queste specie è stata molto sorprendente”, commenta Makova. “Alcune di queste specie si sono discostate dalla linea umana solo 7 milioni di anni fa, il che non è molto tempo in termini di evoluzione. Ciò dimostra – aggiunge la ricercatrice – che i cromosomi Y si stanno evolvendo molto velocemente”.
In particolare, ciò è dovuto al fatto che il cromosoma Y ha una probabilità molto maggiore di essere riorganizzato e di subire duplicazioni del suo materiale genetico. Questo cromosoma sessuale, infatti, sfrutta la ridondanza genetica, cioè la presenza di più copie dello stesso gene sullo stesso cromosoma, in modo che le copie intatte possano compensare quelle che invece acquisiscono mutazioni. Inoltre, sull’Y sono presenti moltissimi palindromi, nei quali la sequenza di lettere nell'alfabeto del Dna è seguita dalla stessa sequenza invertita, proprio come quelle parole che si possono leggere ugualmente da entrambi i lati.
“Quando due copie dello stesso gene si trovano all'interno di un palindromo e una copia viene colpita da una mutazione, questa può essere salvata mediante lo scambio genetico con un'altra copia”, chiarisce Karol Pál, co-autore dello studio. “Ciò può compensare la mancanza di scambio di informazioni genetiche da parte dell’Y con gli altri cromosomi”.
Secondo i ricercatori, tra i fattori che contribuiscono a questa rapidissima evoluzione del cromosoma Y c’è il fatto che, in genere, ne esiste uno solo per cellula, il che porta ad accumulare modifiche nella sequenza del Dna. Inoltre, rispetto alla produzione di cellule uovo femminili, quella di spermatozoi comporta una maggiore replicazione del Dna e ad ogni replicazione c’è la possibilità di subire cambiamenti: ciò colpisce tutti i cromosomi, ma ha un impatto particolare sull’Y. Infine, bisogna anche tener presente che questi animali hanno ormai popolazioni molto ridotte e che solo gli individui di sesso maschile sono portatori del cromosoma Y, un fattore che può influenzare ulteriormente i tassi evolutivi.
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