Annunciato il 9 maggio scorso da Google DeepMind, non è ancora accessibile il sistema di intelligenza artificiale AlphaFold 3 che fa dialogare tra loro tutte le molecole della vita: una brutta sorpresa per i ricercatori, che dopo la delusione e le proteste stanno reagendo cercando di sviluppare le proprie versioni open-source di AlphaFold 3, mentre altri tentano di hackerare la versione web di AlphaFold 3. Lo rileva la rivista Nature sul suo sito.
Alla Columbia University di New York, per esempio, il biologo computazionale Mohammed AlQuraishi con suo gruppo 'OpenFold' ha iniziato a codificare una versione libera di AlphaFold 3 e spera di completarla entro l'anno. La sua speranza è che la spinta a sviluppare versioni open-source di AlphaFold3 serva da "ammonimento" per gli accademici sui rischi di affidarsi ad aziende private. "È un bene che l'abbiano fatto, ma non dovremmo dipendere da loro", afferma riferendosi a Google DeepMind. "Dobbiamo creare un'infrastruttura del settore pubblico per poterlo fare nel mondo accademico", aggiunge.
Tentativi di ottenere versioni open equivalenti ad AlphaFold 3 sono in corso anche a Seattle, dove il gruppo del biofisico computazionale David Baker, dell'Università di Washington ha sviluppato c il sistema RoseTTAFold-All-Atom, senza però ottere prestazioni confrontabili a quelle di AlphaFold 3. A San Francisco l'ingegnere informatico indipendente Phil Wang, ritiene di poter replicare AlphaFold 3 entro un mese, ma addestrarlo potrebbe essere molto costoso: oltre un milione di dollari secondo il biologo evoluzionista Sergey Ovchinnikov, del Massachusetts Institute of Technology.
La protesta dei ricercatori è iniziata l'11 maggio con una lettera firmata da oltre 600 ricercatori in cui si criticava la scelta di Nature di pubblicare comunque l'articolo su AlphaFold senza il codice di accesso. Il 13 maggio Google DeepMind annunciava che avrebbe rilasciato il codice entro sei mesi.
Il 22 maggio, rispondendo ai ricercatori, Nature scriveva che le sue politiche sostengono la scienza aperta e riconosceva nello stesso tempo che il settore privato finanzia la maggior parte della ricerca. E' "importante - osservava - che le riviste si impegnino con il settore privato e lavorino con i suoi scienziati in modo che possano sottoporre le loro ricerche alla revisione paritaria e alla pubblicazione".
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