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Ricostruita la versione di un gene umano attiva nei Neanderthal

Ricostruita la versione di un gene umano attiva nei Neanderthal

Ricerca coordinata da Svante Pääbo, Nobel per la Medicina nel 2022

23 maggio 2024, 07:59

di Benedetta Bianco

ANSACheck

Identificato un gene che si è adattato all 'esposizione umana più frequente a sostanze inquinanti (fonte: freepik) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La versione originaria di un gene umano già attiva nei Neanderthal e anche nell’Homo di Denisova è stata ricostruita e grazie all’editing genomico, un tipo di ingegneria genetica in cui il Dna può essere modificato in maniera molto precisa. Il risultato si deve alla ricerca coordinata dallo svedese Svante Pääbo dell’Istituto tedesco Max Planck per l’Antropologia Evolutiva di Lipsia, premio Nobel per la Medicina nel 2022. Lo studio, pubblicato sulla rivista dell’Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti, Pnas, indica che il gene nella sua forma attuale si è modificato per adattarsi all’esposizione più frequente a sostanze che si trovano, ad esempio, nel fumo prodotto dal fuoco a legna.

Il gene protagonista della ricerca, la cui prima firmataria è Nelly Helmbrecht, è identificato con la sigla Ahr e codifica per una proteina chiamata ‘recettore degli idrocarburi arilici’: si tratta di una proteina molto importante che regola l’espressione di molti altri geni coinvolti in processi metabolici, nella regolazione del sistema immunitario e nel mantenimento delle cellule staminali. Il recettore Ahr si attiva grazie al legame con diverse molecole tra le quali gli idrocarburi aromatici, che si trovano ad esempio nel carbon fossile e nel petrolio e che sono potenti inquinanti atmosferici.

Per ricostruire la versione ancestrale di questo recettore, i ricercatori hanno sostituito uno degli amminoacidi, i mattoncini costituenti delle proteine, grazie all’editing genomico e hanno osservato il suo comportamento in cellule umane coltivate in laboratorio. Hanno così scoperto che la versione ancestrale risulta molto più attiva di quella moderna, che invece è notevolmente meno sensibile alla stimolazione di diverse sostanze. Secondo gli autori dello studio, questa differenza potrebbe riflettere un adattamento all’aumentata esposizione a composti prodotti in grandi quantità dalle attività umane.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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