Non più solo accendere e spegnere i singoli geni, ma ‘sintonizzare’ con precisione la loro attività: è possibile farlo ora grazie a un kit che regola l'epigenetica, ossia il sistema che come un direttore d’orchestra guida l’attività del Dna. La nuova tecnica è descritta sulla rivista Nature Genetics da Cristina Policarpi, del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare Embl di Roma.
Diventa così possibile analizzare come mai prima gli effetti sull’attività del Dna di alcune speciali molecole-marcatori, aprendo allo sviluppo di terapie per molte malattie ereditarie, come quelle dovute alla mancanza di una copia di un gene. “Finora non avevamo strumenti così efficaci per l’editing epigenetico, sentiamo di aver permesso un grande passo in avanti”, ha detto all’ANSA Policarpi. L’epigenetica è uno dei settori che sta suscitando grande interesse in questi ultimi anni poiché si occupa dello studio di tutto quel complesso sistema di alterazioni chimiche che contribuisce a regolare l’attività del Dna. Un campo non ancora ben compreso e per il quale quale il lavoro dei ricercatori dell’Embl ridefinisce meglio i confini e apre nuove possibilità per esplorarlo.
“Il nostro lavoro dimostra per la prima volta in modo chiaro il ruolo causale di alcune modifiche chimiche a carico del Dna, sull’espressione dei geni”, ha sottolineato la ricercatrice italiana. Ma il lavoro ha anche importanti ricadute future perché fornisce ora uno strumento per alterare nove differenti tipi di queste modifiche in precise posizioni del Dna. “Ora possiamo così regolare in modo molto puntuale l’attività di singoli geni, mentre finora lo si poteva fare in modo piuttosto grossolano, eliminando di fatto una certa modifica chimica dall’intero genoma. Il nostro strumento permette un lavoro ‘chirurgico’”, ha precisato la ricercatrice dell’Embl.
Una tecnologia che consente di ‘sintonizzare’ l’attività dei geni, come modificare i toni di una traccia audio, che da un lato permetterà ora di analizzare in modo molto più preciso come viene mantenuta l’identità cellulare in diverse tipologie di cellule, in neuroni per esempio, e di valutare il ruolo dei marcatori epigenetici in diversi processi biologici (come la replicazione del Dna), dall’altro potrà essere applicato per lo studio di molte patologie. “Possiamo ora calibrare l’attività di un singolo gene, e quindi non solo spegnerlo o accenderlo ma anche decidere quanto ‘intensamente’ farlo lavorare. Per noi – ha concluso Policarpi – è un passo enorme per la ricerca applicata”.
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