La vista di topi affetti da malattie della retina è stata parzialmente ripristinata grazie ad una nuova tecnica di editing genetico basata sulla Crispr, le forbici molecolari del Dna: un gruppo di ricercatori guidati dal Massachusetts Institute of Technology e dall'Università di Harvard hanno modificato il sistema di trasporto che consegna questo 'macchinario molecolare' all'interno delle cellule bersaglio, utilizzando particelle simili a virus. Questo ha reso la tecnica fino a 170 volte più efficiente rispetto a quella attuale. Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology, segna un nuovo passo avanti per le terapie basate sull'editing genetico.
La ricerca, che ha come primo autore Meirui An del Mit, si è focalizzata sulla tecnica chiamata 'prime editing', descritta per la prima volta nel 2019 dallo stesso gruppo di lavoro e basata su un particolare tipo di Rna (il cugino a singola elica del Dna) conosciuto come pegRna. Quest'ultimo è in grado di apportare cambiamenti precisi all'interno del Dna, ma finora non si era dimostrato abbastanza efficiente. Il sistema del prime editing è formato da tre componenti: una proteina Cas9, tipicamente utilizzata nelle tecniche Crispr e in grado di tagliare il Dna, il pegRna, che contiene le istruzioni sul tipo di modifica da fare e sulla sua localizzazione, e infine un enzima che utilizza l'Rna come guida per alterare il Dna.
Per trasportare questo complesso macchinario molecolare all'interno delle cellule sono stati sperimentati diversi metodi, come virus e nanoparticelle formate da grassi. Gli autori dello studio hanno scelto di concentrarsi, invece, su particelle simili a virus chiamate Vlp: sono composte da un involucro di proteine virali che trasporta il prezioso carico, ma che è privo del materiale genetico del virus e non può quindi causare alcun disturbo.
Finora, le Vlp hanno prodotto risultati molto modesti nell'efficienza di consegna, ed è per questo motivo che i ricercatori le hanno ingegnerizzate in laboratorio in modo da superare il problema. In particolare, hanno migliorato sia il modo con cui il carico viene impacchettato all'interno delle particelle, sia la tecnica con cui il carico si libera del suo 'veicolo di consegna' per entrare nel nucleo delle cellule bersaglio, dove si trova il Dna. Ogni modifica presa singolarmente ha portato a piccoli miglioramenti nell'efficienza del sistema di trasporto, ma tutti i cambiamenti messi insieme hanno portato ad un notevole balzo in avanti: "Quando abbiamo combinato tutto insieme, abbiamo visto miglioramenti di oltre 100 volte rispetto alle Vlp con le quali siamo partiti", osserva David Liu di Mit e Harvard, coordinatore del gruppo. "Questo tipo di miglioramento dell'efficienza - aggiunge Liu - dovrebbe essere sufficiente per darci risultati terapeutici rilevanti".
Gli autori dello studio hanno infatti testato la nuova tecnica su topi, per cercare di correggere due diversi difetti genetici alla base della retinite pigmentosa, che provoca una progressiva degenerazione della retina, e dell'amaurosi congenita di Leber, che causa cecità. In entrambi i casi, le mutazioni responsabili sono state corrette in circa il 20% delle cellule della retina, permettendo agli animali di recuperare parzialmente la vista. Inoltre, i ricercatori hanno dimostrato che le Vlp modificate, chiamate eVlp, possono entrare in maniera efficace anche nelle cellule del cervello, senza causare modifiche indesiderate.
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