Il 57% delle imprese biotech in Italia si trova in prima linea nella lotta al coronavirus: il 44% opera nell'area della diagnostica, il 34% nella ricerca di farmaci, mentre il 7% è impegnato nella ricerca di un vaccino. A indicarlo è il sondaggio 'Biotech vs Covid19', presentato da Assobiotec-Federchimica ed Enea.
"Le risposte a livello italiano - commenta il presidente di Assobiotec, Riccardo Palmisano - sono arrivate soprattutto nel mondo dei vaccini e della diagnostica perché questi due settori sono preparati da lunghissimi anni di ricerca, da grandi competenze ed esperienze che ci fanno essere pronti: la ricerca non si improvvisa".
Secondo Palmisano, l'emergenza Covid-19 potrà offrire nuove opportunità alle imprese biotech italiane anche dopo che si sarà individuato un vaccino efficace. "Servirà un'adeguata capacità produttiva per avere un numero elevato di dosi e una grandissima multinazionale ha già annunciato che cercherà di affidare quanto più possibile a terzisti la produzione di farmaci per liberare capacità produttiva per il vaccino: questo apre anche al nostro Paese".
Dall'indagine emerge anche l'effetto che la pandemia e il lockdown stanno avendo sul comparto biotech: sebbene il 60% delle imprese indichi di continuare a portare avanti il proprio business, anche se in modalità differente, il 40% si è visto costretto a ridimensionare (29%) o bloccare (11%) la propria attività.
A soffrire in particolare sono le realtà a capitale italiano, che nel 13% dei casi hanno dovuto bloccare totalmente le attività in corso, mentre le imprese con headquarter estero sono riuscite a proseguire le attività (dato imputabile al fatto che queste realtà svolgono in prevalenza attività più vicine al mercato e sono dunque meno esposte ad attività ad alto rischio di ricerca e sviluppo).
Tante e differenti le difficoltà operative incontrate fra carenza di clienti (32%), logistica (29%) e crisi di liquidità (25%). Carenza di budget (36%), inaccessibilità dei laboratori e sospensione delle attività di arruolamento di pazienti negli studi clinici (21%), mancanza di materiali (19%) sono invece i principali fattori alla base di un rallentamento generale delle attività di ricerca e sviluppo.
Quasi la metà delle imprese italiane ritiene che sia urgente che le istituzioni individuino un piano di lungo periodo per la ricerca e l'innovazione (42%) e che vengano allocati più investimenti in ricerca e sviluppo (41%), mentre le imprese a capitale estero chiedono meno burocrazia (28%) e l'individuazione di un pacchetto di sgravi fiscali (14%). "Il biotech può diventare uno dei pilastri della ripartenza del nostro Paese", afferma Palmisano.
"L'emergenza Covid-19 ci ha insegnato che gli investimenti in ricerca e innovazione sono fondamentali, ed essere fermi all'1,3% del Pil significa perdere opportunità di crescita. La collaborazione pubblico-privato funziona, mentre lentezze burocratiche, regole farraginose e frammentazione sono i nemici numero uno della velocità d'azione che nei settori ad alta tecnologia globalizzati come il biotech rappresenta un elemento vitale".
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