Una terapia genica che corregge il
difetto genetico alla base della malattia è potenzialmente in
grado di curare la mucopolisaccaridosi di tipo 6, rara malattia
metabolica di origine genetica. I test su 9 pazienti, eseguiti
da ricercatori dell'Istituto Telethon di genetica e medicina
(Tigem) di Pozzuoli, hanno dato risultati positivi e consentito
di confermare la sicurezza di questo approccio e la sua
efficacia. I risultati della sperimentazione sono stati
pubblicati sulla New England Journal of Medicine - Evidence
La mucopolisaccaridosi di tipo 6 è una malattia rara causata
da alterazioni a carico del gene ARSB che provocano la carenza
di un enzima. Da ciò deriva l'accumulo nelle cellule di una
sostanza chiamata dermatansolfato. Attualmente è disponibile una
terapia enzimatica sostitutiva, che però costringe i pazienti a
sottoporsi per tutta la vita a periodiche infusioni e che
inoltre non riesce a raggiungere alcuni organi colpiti, tra cui
le ossa.
"La terapia genica può superare questi limiti", spiega
Alberto Auricchio, coordinatore del Programma di Terapia
Molecolare al Tigem di Pozzuoli. "Molti anni di ricerca in
laboratorio ci hanno permesso di sviluppare e testare un vettore
di origine virale capace di trasportare una versione corretta
del gene difettoso nei pazienti. Somministrato una volta sola
attraverso il sangue, il vettore può raggiungere le cellule del
fegato e indurle a produrre in maniera stabile, per anni,
l'enzima responsabile dello smaltimento del dermatansolfato".
La sperimentazione ha coinvolto nove pazienti di età compresa
tra i 5 e i 29 anni che hanno ricevuto diversi dossi della
terapia. "I pazienti che hanno ricevuto questo nuovo farmaco
non hanno avuto effetti avversi", spiega Nicola Brunetti-Pierri,
responsabile della ricerca traslazionale del Tigem di Pozzuoli.
"Inoltre, dopo l'infusione siamo riusciti per la prima volta a
rilevare l'enzima nel sangue, cosa impossibile prima in questi
pazienti: una dimostrazione di come il trasferimento genico
abbia effettivamente funzionato. Chi ha ricevuto una dose di
farmaco bassa o media ha avuto dei miglioramenti, ma non
sufficienti per sospendere completamente la terapia enzimatica.
Quelli che invece hanno ricevuto la dose più alta sono tuttora
liberi dalla terapia enzimatica".
I ricercatori continueranno ora a monitorare i pazienti, per
valutare nel tempo gli effetti della correzione genica e il loro
stato di salute.
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