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Linfoma, terapia Car-T più sicura grazie alla Pet cerebrale

Linfoma, terapia Car-T più sicura grazie alla Pet cerebrale

Studio, 5 minuti in più scoprono pazienti a rischio effetti collaterali

ROMA, 28 luglio 2023, 15:01

Redazione ANSA

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Cinque minuti in più. È quanto basta aggiungere al tempo di una Pet total body, esame di routine per i pazienti oncologici con linfoma a grandi cellule B, per ricercare nel cervello indizi utili per rilevare l'eventuale insorgenza di gravi effetti collaterali legati alla terapia cellulare. A scoprirlo un gruppo di ricercatori dell'Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova che ha individuato un possibile biomarcatore prognostico delle due più comuni e gravi complicanze della terapia Car-T, la sindrome da rilascio di citochine (Crs) e la neurotossicità Car-T correlata (Icans).

"L'individuazione di questa firma è preziosa perché consente potenzialmente di selezionare in modo più efficace i pazienti per cui la terapia Car-T presenta maggiori rischi di neurotossicità. Se confermata in successivi studi potrà servire da biomarcatore precoce e prognostico", sottolinea Silvia Morbelli, coautrice dello studio, Dirigente medico ricercatore dell'Unità di Medicina Nucleare dell'Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova e professore associato di Medicina nucleare all'Università di Genova.

Lo studio ha coinvolto 21 pazienti con linfoma a grandi cellule B e sottoposti alla terapia Car-T, di cui 16 hanno sviluppato la sindrome da rilascio di citochine, che in cinque casi è stata seguita dalla comparsa di neurotossicità Car-T correlata. "All'esame Pet total body abbiamo associato a una scansione dedicata all'acquisizione cerebrale e con un software abbiamo valutato il metabolismo del cervello - osserva Morbelli - Dal confronto con pazienti affetti da sindrome da rilascio di citochine e pazienti che non avevano sviluppato complicanze è emerso che i primi avevano aree di sofferenza metabolica molto più estese rispetto a quelle senza Crs e maggiormente localizzate in corrispondenza della corteccia frontale". "Questo ci dà di fatto un biomarcatore che rende obiettivo questo aspetto clinico e che, potenzialmente, può consentire di capire chi è più propenso a sviluppare queste complicanze e di delineare il trattamento alternativo più adatto. Questi risultati potrebbero essere estesi a tutti i pazienti trattati con Car-T che stanno crescendo molto" concludono Morbelli e Emanuele Angelucci, coautore dello studio e Direttore dell'Unità Operativa Ematologia e Terapie Cellulari dell'Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Angelucci.

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