Anche i pazienti con tumori rari e difficili da trattare possono ottenere importanti benefici quando si usano terapie mirate, indirizzate contro alterazioni genetiche tipiche del proprio tumore. Perché ciò avvenga è però necessario che il test molecolare per individuare le caratteristiche genetiche della neoplasia sia svolto fin dal momento della diagnosi. È l'appello che arriva dalla Fondazione per la Medicina Personalizzata.
"Il punto chiave del nuovo processo è rappresentato dalla profilazione genomica, cioè dall'individuazione delle alterazioni molecolari che giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo della malattia: da qui deriva la scelta del farmaco e l'indicazione terapeutica, indipendentemente dalla sede del tumore, dall'età e dal sesso del paziente", spiega il presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata Paolo Marchetti.
Per esempio, i geni IDH sono frequentemente mutati in neoplasie come i gliomi a basso grado, il colangiocarcinoma e la leucemia mieloide acuta e possono costituire i bersagli di terapie mirate che, inattivando queste proteine mutate, bloccano anche la proliferazione delle cellule malate. Terapie in grado di colpire le proteine anomale prodotte da questi geni rallentano la crescita del tumore aumentando la sopravvivenza dei pazienti.
Nel caso dei gliomi di basso grado, tumori del cervello che in circa l'80% dei casi hanno una mutazione di IDH1, il trattamento con "vorasidenib, inibitore di IDH, rispetto alla sola osservazione, ha più che raddoppiato la sopravvivenza libera da progressione: 27,7 mesi rispetto a 11,1", spiega Andrea Pace, responsabile della Neuroncologia dell'IRCCS Istituto Tumori Regina Elena di Roma. Benefici anche per il colangiocarcinoma, un tumore del fegato che nel 20% ha mutazioni a carico di IDH: un'altra molecola anti-IDH, ivosidenib, "ha evidenziato una riduzione del rischio di progressione di malattia del 63%", illustra Andrea Casadei Gardini, oncologo dell'Unità Operativa di Oncologia Medica dell'IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore associato di Oncologia all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
La leucemia mieloide acuta è "una malattia ematologica tra le più insidiose e difficili da trattare, che richiede cure tempestive. La terapia mirata con ivosidenib in combinazione con azacitidina in prima linea ha triplicato la sopravvivenza globale mediana rispetto a placebo e azacitidina, 2 anni contro 7,9 mesi", dice Maria Teresa Voso, professore ordinario di Ematologia all'Università Tor Vergata e responsabile del laboratorio di Diagnostica Avanzata Oncoematologica del Policlinico Tor Vergata di Roma.
"Oggi vi è una crescente disponibilità di test di profilazione genomica estesa, con pannelli che possono esaminare anche 500 geni con un singolo esame", aggiunge Marchetti. "L'analisi e l'interpretazione dei risultati della profilazione genomica, nonché l'individuazione di potenziali trattamenti mirati, richiedono competenze multidisciplinari. È quindi fondamentale istituire i Molecular Tumor Board, nei quali sono coinvolte competenze provenienti da diverse aree", conclude.
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