Il settore dell'automotive sta
affrontando il cambiamento più profondo e radicale degli ultimi
150 anni, un comparto cardine per l'Europa che rappresenta l'8%
del Pil e dove il 30% della sua spesa va in ricerca e sviluppo e
vede coinvolti 13 milioni di posti di lavoro. Una sfida nella
quale l'Europa gioca un ruolo importante soprattutto in
considerazione dello sviluppo che la Cina sta portando avanti in
questo settore. Sono alcuni dei punti affrontati da Luca De Meo,
presidente di Renault Group incontrando recentemente alcuni
giornalisti della stampa europea durante il quale ha esposto
alcuni spunti di riflessione per il futuro dell'automotive.
"Il 2023 - ha sottolineato De Meo - passerà alla storia come
l'anno in cui l'Europa ha preso consapevolezza del fatto che la
Cina è il nuovo colosso dell'industria automobilistica. Dopo lo
spettacolare sviluppo di Tesla, noi europei sappiamo che è
giunta l'ora delle sfide. Un settore che in Europa vale 13
milioni di posti di lavoro. Basta eliminare l'industria
automobilistica e l'Europa si ritrova con una bilancia
commerciale in deficit strutturale".
De Meo inoltre ha osservato che la necessità di ridurre
l'impatto ambientale, la fine del motore a combustione nel 2035,
i maggiori requisiti a livello di sicurezza e cyber-security per
le auto, i veicoli sempre più pesanti e costosi, "sono tutte
pressioni che si sommano mentre i regolamenti si moltiplicano
con risultati a volte opposti a ciò che vorremmo: nel giro di
vent'anni, l'auto europea media è diventata più pesante del 60%
e costa il 50% in più, il numero di posti di lavoro dei
costruttori è diminuito, fino a raggiungere il 40% in alcuni
Paesi. Naturalmente - ha sottolineato De Meo - le auto sono più
virtuose dal punto di vista ambientale. Per nostra sfortuna,
quelle più costose sono anche quelle che compriamo di meno,
anche se ciò significa far durare più a lungo i nostri vecchi
catorci inquinanti. Il risultato è che l'età media del parco
circolante in Europa è passato da 7 a 12 anni!"
Secondo De Meo "se prima era il motore termico a dettare le
regole per i costruttori, da un po' di anni a questa parte
quest'ultimi devono eccellere in più discipline, con requisiti
molto diversi: si sono aggiunti i veicoli elettrici, software,
servizi di mobilità, economia circolare, ecc. Ognuno di questi
implica una nuova catena del valore tutta da scoprire,
materiali, protagonisti, tutto un nuovo mondo da capire,
dall'estrazione delle materie prime al riciclo delle batterie".
Questo nuovo scenario, ampio e frammentato, è
caratterizzato anche da una volatilità senza precedenti. "Tanto
per cominciare - ha spiegato De Meo - volatilità tecnologica, in
contrasto con un mondo contraddistinto dal motore termico, con
un'evoluzione tecnologica sapientemente lineare. Emblematico è
il caso delle batterie: anche gli investimenti da miliardi nelle
gigafactory possono essere rimessi in discussione da un giorno
all'altro dal cambiamento della chimica da utilizzare.
Volatilità anche dei prezzi delle materie prime, per esempio,
quando il prezzo del litio aumenta di 12 volte e poi si dimezza
nel giro di 3 anni. Ed infine, volatilità delle normative, come
dimostrano i recenti rinvii della norma Euro 7. Queste
fluttuazioni si associano ad una conseguenza radicale. Per
l'industria automotive, al mantra secolare basato su scala ed
efficienza si sovrappone un nuovo must: innovazione ed agilità
strategica. Sono questi gli elementi che i costruttori
automobilistici devono ora porre al centro delle loro
politiche".
La sfida è ben poca cosa di fronte alla nuova geografia
mondiale che sta facendo vacillare le certezze degli europei:
"se il motore a combustione, in cui siamo i migliori al mondo,
ha resistito per un secolo come barriera all'ingresso a
vantaggio degli europei - ha osservato De Meo - questi ultimi si
trovano ora in una posizione di relativa fragilità. I cinesi
controllano il 75% della produzione mondiale di batterie.
Percentuale che arriva fino al 90%, quando si tratta di
raffinazione del litio. A questo primo squilibrio se ne aggiunge
un secondo, ancora più grave: rispetto agli Stati Uniti, che
incentivano massicciamente la loro industria, e rispetto ai
cinesi, che la organizzano a suon di piani, noi sforniamo
regolamenti, spesso con poca coerenza, facendo fatica ad
affrontare le sfide in modo olistico".
Per affrontare il futuro in modo coerente - ha sostenuto De
Meo - "è nostra responsabilità inventare modelli aziendali
adatti ai nuovi scenari, investire in nuove tecnologie e
proporre offerte commerciali che raccolgano la sfida della
mobilità accessibile e sostenibile. È in questo scenario che si
aspettano risultati da parte nostra. E da 3 anni Renault non è
rimasta con le mani in mano, proponendo - tra le altre
iniziative - Ampere, la risposta più concreta e completa di un
costruttore europeo alle sfide provenienti da Oriente e
Occidente. Eppure, oggi nutro una profonda convinzione:
l'industria automobilistica europea non potrà esprimere tutto il
suo potenziale senza una reazione collettiva né un potere
pubblico in grado di migliorare la competitività del nostro
continente e porre gli europei in assetto di battaglia".
Secondo De Meo "l'Europa nel suo complesso dovrebbe porsi
dei principi ed obiettivi chiari, un piano sostenuto da un
processo di revisione dinamico. E, come antidoto alla caotica
proliferazione dei diktat delle varie autorità, occorre creare
uno sportello unico delle normative sulla mobilità e
l'automobile. Incentiviamo lo sviluppo di un quadro di regole
stabili e standardizzazione in tutta Europa. Creiamo tutte le
condizioni per far emergere progetti strutturati e campioni
europei nelle tecnologie chiave. L'Europa deve inventare un suo
modello ibrido, tra iniziativa privata e dirigismo pubblico, che
ci permetta innanzitutto di tutelarci e rafforzarci per poi
ripartire alla conquista del mondo, a medio e lungo termine".
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