Sul gruppo immobiliare cinese Evergrande si è abbattuta una nuova tegola. La controllata Evergrande New Energy Vehicle (Nev), attiva nei veicoli elettrici e al centro finora di una difficile ristrutturazione dell'enorme debito per scongiurare la liquidazione, ha riferito "di aver appreso che il suo direttore esecutivo Liu Yongzhuo è in stato di detenzione" con l'accusa di violazioni di legge. La notizia, diffusa dalla stessa compagnia in una comunicazione alla Borsa di Hong Kong, ha fatto seguito all'annuncio di settembre 2023 della capogruppo Evergrande secondo cui il suo presidente e fondatore Xu Jiayin era "soggetto a misure obbligatorie" da parte delle autorità cinesi per più contestazioni di reato. Su Liu non sono stati forniti dettagli sugli addebiti, ma la vicenda si aggiunge alle gravi difficoltà emerse già lo scorso marzo, quando ammise che stava lottando per garantire la liquidità al servizio delle sue attività primarie. Dopo un lungo ritardo, la compagnia ha iniziato nel 2022 la produzione del suo primo modello di veicolo elettrico, l'Hengchi 5, in un contesto ben diverso dai propositi ambiziosi di superamento del colosso Usa Tesla in pochi anni. Le azioni Evergrande Nev, sospese per 15 mesi tra aprile 2022 e luglio 2023 per la mancata pubblicazione dei risultati finanziari da parte dell'azienda, hanno ceduto il 6% in Borsa dopo lo stop alle contrattazioni del mattino in vista del "rilascio di informazioni". Attualmente, la società ha un valore di mercato di 570 milioni di dollari, avendo perso quasi la metà della capitalizzazione in 5 anni. Il gruppo di Shenzhen, in default da fine 2021 e schiacciato da debiti per circa 330 miliardi di dollari, è in una situazione critica: un tribunale di Hong Kong ha concesso a dicembre altro tempo e spostato la scadenza a fine gennaio per mettere a punto una ristrutturazione con i creditori ed evitare la liquidazione. Le opzioni, quindi, sembrano ridursi, tanto che tra gli analisti cresce l'ipotesi che il gruppo Evergrande possa seguire la stessa sorte di Zhongzhi, il colosso bancario ombra caduto per la crisi immobiliare: la Prima corte intermedia del popolo di Pechino ha accettato venerdì la richiesta di fallimento e liquidazione del gruppo che a novembre aveva detto agli investitori di essere insolvente e di avere passività fino a 64 miliardi di dollari. La mossa sottolinerebbe la maggiore attenzione del governo centrale al contenimento dei rischi finanziari mentre l'economia è in difficoltà. In altri termini, il fallimento sarebbe stato ritenuto l'approccio più efficace per limitare l'impatto sui mercati finanziari, a meno di tre mesi dal default. Le autorità di Pechino hanno approvato il fallimento a fine dicembre, prima che il tribunale lo rendesse pubblico. Tuttavia, su Evergrande penderebbero i dubbi vista la grandezza del debito accumulato, spalmato su istituzioni bancarie e investitori istituzionali e retail.
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