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Boom auto cinese in Europa, una opportunità e non un rischio

Boom auto cinese in Europa, una opportunità e non un rischio

Fabio Orecchini, 'puntare allo sviluppo della nostra filiera'

ROMA, 13 dicembre 2023, 19:48

Redazione ANSA

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Fabio Orecchini, direttore scientifico dell 'Osservatorio Luiss Business School - RIPRODUZIONE RISERVATA

Fabio Orecchini, direttore scientifico dell 'Osservatorio Luiss Business School -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Fabio Orecchini, direttore scientifico dell 'Osservatorio Luiss Business School - RIPRODUZIONE RISERVATA

 La Cina, che è il primo produttore di autovetture al mondo ed il secondo esportatore con 2,45 milioni di unità nei primi 8 mesi del 2023 nel biennio 2020 - 2022 ha fatto registrare crescite record nell'export verso la Ue (+432%) e ancora di più in Italia con +640%.
    Nel 2022 le vetture cinesi immatricolate in Europa sono state 455.400 (462.600 nei primi 9 mesi del 2023), per una quota di mercato complessiva del 4% (4,8% nel 2023) tanto che circa il 20% delle esportazioni cinesi di auto (e il 58% dei modelli elettrici) viene assorbito dal Vecchio Continente.
    Dal 2020 al 2022 il valore dell'import di auto cinesi nell'Unione Europea ha raggiunto i 9,37 miliardi di euro. Ciò ha permesso alla Cina di diventare, nel 2022, il primo esportatore di vetture nella Ue, superando Giappone, Corea del Sud, Gran Bretagna e Stati Uniti.
    Da notare che il 70% delle esportazioni di auto dalla Cina non è elettrico con oltre il 70% rappresentato da tradizionali vetture endotermiche. Nel complesso le elettriche e le ibride plug-in (Nev per le norme cinesi) hanno costituito solo il 28,6% dell'export cinese dall'inizio dell'anno in termini di volumi.
    "Si tratta di un cambiamento radicale di paradigma - ha detto Fabio Orecchini, direttore scientifico dell'Osservatorio Luiss Business School e Università Guglielmo Marconi durante la presentazione della ricerca 'L'auto cinese in Europa e in Italia: conoscere per decidere' - in quanto fino a poco tempo fa i costruttori tradizionali realizzavano nel Paese asiatico vetture per il mercato locale".
    "Lo facevano in genere con una tecnologia inferiore rispetto ai modelli europei. Oggi, al contrario, le aziende occidentali realizzano accordi e partnership per produrre in Cina vetture elettriche all'avanguardia, da esportare al di fuori del Paese".
    Sottolineando che player cinesi "hanno avuto successo nell'acquisire e rilanciare importanti aziende europee" Fabio Orecchini ha detto che "alcuni marchi interessati dai nuovi assetti proprietari sono stati oggetto di strategie più conservative, continuando ad avere un'immagine e una capacità produttiva europea pur con un coinvolgimento crescente della manifattura cinese per i nuovi modelli elettrici".
    In altri casi, invece, brand europei per storia o immagine, sono divenuti cinesi per quanto riguarda le tecnologie e la localizzazione della produzione.
    Fotografando la situazione attuale, Orecchini ha detto che "per guadagnare peso in Europa i produttori cinesi stanno utilizzando tre canali principali, cioè lo sviluppo e internazionalizzazione dei brand 'autoctoni' (dal 2021 ne sono arrivati 19 in Europa e diventeranno 23 nel 2024) ma anche i richiamo degli investimenti esteri in Cina che è diventata un vero Export Hub".
    Infine - è stato sottolineato - la Cina può contare sullo sfruttamento nel Vecchio Continente del vantaggio strategico di cui dispone nell'elettrico e nel settore delle batterie. La realtà cinese deve di conseguenza essere affrontata utilizzando al meglio le nostre competenze e contando su punti di forza, come quello delle reti commerciali e di assistenza che i brand cinesi non hanno.
    "Il nostro sistema automotive - ha detto il direttore scientifico dell'Osservatorio Luiss Business School - deve intercettare le opportunità offerte da questo cambiamento per sviluppare ulteriormente la filiera europea o anche per ingaggiare una competizione al miglioramento del prodotto".
 
   

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