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Luna 50 anni fa, pressing Usa sull'impronta di Armstrong patrimonio umanità

Luna 50 anni fa, pressing Usa sull'impronta di Armstrong patrimonio umanità

'Serve convenzione a tutela cimeli rimasti sul satellite'

NEW YORK, 13 luglio 2019, 00:52

di Alessandra Baldini

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Neil Armstrong. NASA Apollo 11. Buzz Aldrin Walking on the Surface of the Moon near a Leg of the Lunar Module, 1969, printed later. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Neil Armstrong. NASA Apollo 11. Buzz Aldrin Walking on the Surface of the Moon near a Leg of the Lunar Module, 1969, printed later. - RIPRODUZIONE RISERVATA
Neil Armstrong. NASA Apollo 11. Buzz Aldrin Walking on the Surface of the Moon near a Leg of the Lunar Module, 1969, printed later. - RIPRODUZIONE RISERVATA

L'impronta del Moonboot di Neil Armstrong patrimonio dell'umanità? E così la bandiera a stelle e strisce piantata sulla Luna dall'equipaggio dell'Apollo 11 il 20 luglio di 50 anni fa? L'anniversario dello sbarco rilancia il pressing per una forma di protezione internazionale della legacy lasciata dagli astronauti della Nasa sul satellite della Terra.
    "C'è molta attenzione da parte dell'amministrazione Usa e se ne continuerà a parlare per parecchio", dicono all'ANSA fonti diplomatiche a conoscenza del problema. Armstrong e Aldrin lasciarono sulla luna un centinaio di oggetti tra cui una porzione del modulo lunare. Cimeli che sono ancora lì, in un sito ribattezzato Tranquillity Base, circondati dalle impronte che segnarono i primi passi dell'umanità in un mondo diverso dalla Terra. "Ma non c'è nulla che li protegga, nulla che proibisca di guidare sopra le impronte di Armstrong", nota Steve Mirmina, specialista in diritto spaziale alla Georgetown University: "Non una legge americana, non una convenzione internazionale che stabilisca vincoli di tutela".
    Sulla Luna, a differenza della Terra dove leggi nazionali e convenzioni internazionali proteggono il patrimonio storico, artistico e culturale, vige la regola del Trattato Onu sullo spazio interplanetario del 1967 secondo cui i corpi celesti "devono essere liberi per l'esplorazione e l'uso da parte di tutti". In altre parole, sintetizza il New York Times affrontando il tema, chiunque capace di allunare su Tranquillity Base potrebbe impunemente alterare un patrimonio inalienabile dell'umanità analogo ai siti archeologici sulla terra. "Quegli oggetti sono la testimonianza della storia della presenza umana sulla Luna", ha detto Michelle Hanlon, avvocatessa spaziale e co-fondatrice della non profit For All Moonkind che sta lavorando a una cornice internazionale per la tutela dei siti lunari. Non sono preoccupazioni astratte alla luce della tendenza alle bravate di alcuni protagonisti della nuova corsa allo spazio (Elon Musk, il fondatore di SpaceX ha recentemente lanciato una Tesla nello spazio), mentre la gara tra privati e governi per tornare sulla Luna rischia di costituire una minaccia in un ambiente non regolamentato. Cosa fare dunque dei sei siti delle missioni Apollo, o del luogo dell'allunaggio nel 1959 del Luna 2 sovietico o ancora quello dove in gennaio la sonda Chang'e-4 si è posata per la prima volta sul lato del satellite nascosto dalla Terra? La sfida per la diplomazia spaziale è aperta. E c'è chi, tra gli addetti ai lavori, ipotizza su questa questione un interesse Usa a trovare terreno comune con la Cina. 
   

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