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I numeri del gender gap nella musica, solo un'artista donna nelle prime 20 posizioni dei dischi più venduti in Italia

I numeri del gender gap nella musica, solo un'artista donna nelle prime 20 posizioni dei dischi più venduti in Italia

Il music business è uno spaccato delle logiche e delle politiche del mondo del lavoro

ROMA, 11 marzo 2022, 14:29

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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C'è un gender gap anche nella musica. 
 Questi i numeri del divario di genere nella musica italiana e internazionale: nelle prime 20 posizioni dei dischi più venduti in Italia nel 2021 solo un'artista donna; tra gli autori iscritti alle maggiori società di collecting europee, le autrici rappresentano in media il 16%; le musiciste valgono il 14,1% del totale degli artisti presenti nelle classifiche di Spotify in Italia; i musicisti sono il 58,4%, mentre le band il 27,5%; in Italia, su un campione di 389.219 registrazioni musicali, i ruoli da interpreti primari per le donne sono l'8,32%, contro il 91,68% degli uomini; nella classifica Billboard delle 100 canzoni più di successo tra il 2012 e il 2020, le donne hanno rappresentato solo il 2,6% dei produttori.
    Numeri sconfortanti, che lasciano intravedere qualche trend positivo per i prossimi anni. Un esempio: guardando alle classifiche Spotify, negli ultimi 4 anni è cresciuto il numero di artiste under 30 italiane. Al momento il 59% delle artiste presenti in classifica singoli è under 30, una demografica che ha avuto una percentuale di crescita superiore agli uomini, grazie alle nuove generazioni.
    E parlando di nuove generazioni  dopo aver lanciato la prima tornata di bandi, Italia Music Lab ha dato un'occhiata ai numeri: le artiste hanno rappresentato in media il 23,3% dei candidati, ma sorprendentemente il 51,9% dei vincitori. Un segno che le musiciste che si fanno avanti hanno progetti mediamente più validi e strutturati. Un dato che viene confermato anche dallo studio di Nuovo Imaie, secondo il quale da un solo 7,44% di ruoli primari interpretati da donne nel campione di canzoni considerato, il valore economico generato è più che doppio, pari al 16,78%.
    Infine, guardando all'estero, sono interessanti i dati riportati dal report annuale "FACTS" di Female Pressure: la quantità di artiste presenti nelle lineup di festival di musica elettronica nel mondo è cresciuta dal 9% nel 2012 al 27% del biennio 2020-2021. I festival più grandi tendono ad avere una percentuale minore di artiste in lineup, al contrario dei festival finanziati da fondi pubblici e quelli guidati da direttrici artistiche.
Per una industria musicale più rappresentativa, più inclusiva, che tenga conto di tutte le diversità nel rispetto di tutte e tutti, la Fondazione Italia Music Lab annuncia una serie di misure con l'obiettivo di ridurre il gender gap e la discriminazione nella musica italiana.
    Prime fra tutte, due nuove collaborazioni: una partnership con Equaly, realtà italiana che si occupa di parità di genere all'interno del music business e la sponsorizzazione a Keychange, un'iniziativa co-finanziata dall'Unione Europea che sta trasformando il futuro della musica internazionale.
Di fatto nell'industria musicale italiana le donne sono solo il 27% tra gli artisti, il 12,5% tra i compositori e il 2,6% nella produzione. Come viene vissuta la disparità da chi è parte dell'industria? Come si può superare? I dati dicono che le cose stanno cambiando: a che punto è il processo? Siamo portati a pensare alla musica come a una forma di intrattenimento. In realtà è anche una delle più potenti industrie culturali: da un lato, contesto professionale entro cui immaginare gli sviluppi della propria carriera; dall’altro, parte integrante del sistema di costruzione e distribuzione di significati, di rappresentazioni sociali, di modi di interpretare il mondo. Il music business è dunque uno spaccato delle logiche e delle politiche del mondo del lavoro, con alcune peculiarità che lo rendono ancora più destrutturato e liquido di altri contesti professionali. Allo stesso modo è ambito di cultura, dove si possono osservare meccanismi più o meno opachi di gestione del potere di orientare le letture del mondo e le aspettative su di esso.
 "Women in Creative Industries"- Il gender gap nell'industria musicale italiana (ed. FrancoAngeli) scritto dalla psicologa e PhD in Comunicazione e nuove tecnologie, Alessandra Micalizzi, docente SAE si guarda alla musica come al terreno delle disparità di genere, cercando di tenere insieme questa doppia anima, di industria e di fucina culturale, osservandola attraverso lo sguardo di chi ne ha fatto un mestiere. Il gender gap è inquadrato in una cornice socio-culturale, per interpretare anche i meccanismi psico-sociali responsabili della clamorosa esclusione - o limitata partecipazione - delle donne alla produzione culturale, con particolare riguardo alla musica. Le conclusioni lasciano spazio a un pacato ottimismo verso il futuro, grazie al ricambio generazionale e al graduale scardinamento del genere come variabile attraverso cui leggere il mondo e le sue regole. Vi è anche una piccola certezza: il cambiamento può essere definitivo e reale solo se assimilato culturalmente e “partecipato”. Tutte le persone coinvolte nel processo di definizione delle regole e delle logiche dell’industria musicale devono agire convintamente e in modo condiviso verso il superamento di ogni stereotipo di genere.

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