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100 anni fa nasceva Aldo Giuffré, il gentiluomo mattatore in scena

100 anni fa nasceva Aldo Giuffré, il gentiluomo mattatore in scena

Da Totò a Strehler, tra radio, teatro, cinema e tv

ROMA, 09 aprile 2024, 20:52

di Giorgio Gosetti

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

A teatro ci sono i mattatori, al cinema i divi, in tv i fine dicitori e gli showmen. E in tutti e tre questi palcoscenici ci sono i grandi attori dal passo felpato, quelli che entrano in scena quasi senza farsi accorgere e poi calamitano gli sguardi e non li lasciano più. Aldo Giuffré (Napoli, 10 aprile 1924 - Roma, 26 giugno 2010) apparteneva a questa categoria e oggi lo si deve ricordare non solo come un grande professionista ma come un gentiluomo elegante, un napoletano colto e raffinato, un cittadino del mondo grazie alla sua cultura e ai suoi grandi maestri, da Eduardo a Totò, da Visconti a Baseggio, fino a Strehler.
    Suo padre suonava all'orchestra del Teatro San Carlo e oltre a lui mise al mondo due bimbe e il fratello più giovane, Carlo, in pochi anni. Poi se ne andò ad appena 47 anni, stroncato da una polmonite, lasciando la moglie Maria da sola a crescere la famiglia. A Napoli c'era la guerra e il giovane Aldo fece subito amicizia coi liberatori americani; in città c'era una sede dell'Eiar, la radio nazionale, e da lì Giuffré cominciò la sua carriera come annunciatore. Passato a Roma, in via Asiago, fu lui ad annunciare nel 1945 la fine dei combattimenti. Nella Napoli liberata il maschio di famiglia poté scegliere tra un posto in banca e la passione per il teatro. Optò per quel lavoro privo di garanzie ma molto amato e ne fu subito ricambiato con una particina a fianco di Anna Magnani in "Assunta Spina" (il suo debutto al cinema nel 1947) e la chiamata di Eduardo De Filippo in compagnia per "Napoli milionaria". Con De Filippo rimase tre anni, trovando però il tempo per qualche incursione al cinema come ne "L'imperatore di Capri" di Luigi Comencini in cui per la prima volta diede la replica a Totò: un secondo maestro con cui fece poi ben 10 film in una carriera ricca di 90 titoli da comprimario a protagonista.
    Tornato a Roma, nel '50 ebbe il battesimo del fuoco a Cinecittà con 5 pellicole nel solo 1950, ritrovando anche il "suo" Eduardo negli adattamenti per lo schermo di "Napoli milionaria" e "Filumena Marturano". Per raccontare Aldo Giuffré si deve però partire sempre e comunque dal teatro perché qui ebbe le maggiori soddisfazioni con un repertorio ricco di sfide importanti con Cechov, Goldoni, Pirandello grazie a registi come Luchino Visconti, Orazio Costa, Guido Salvini che lo guidò in una memorabile versione di "Questa sera si recita a soggetto" nel 1957. Nello stesso anno si cimentò per la prima volta da autore con la commedia brillante di Scarnicci e Tarabusi ("Caviale e lenticchie") per poi debuttare da regista con "Mettiamo le carte in tavola" scritto insieme ad Antonio Ghirelli. La collaborazione con Giorgio Strehler risale al 1964 con il successo travolgente di "Le notti dell'ira" da Salacru, ma nei decenni successivi sempre più spesso si affiderà a se stesso, magari alternandosi con il fratello Carlo che divide con lui palcoscenico e compagnia fin da "Un coperto in più" del 1972, da un testo di Maurizio Costanzo.
    Intanto la televisione lo ha reso un volto popolare già dagli anni '60. Proprio nel 1961 tocca a lui l'onore di inaugurare il secondo canale della Rai con "La trincea" di Dessì per la regia di Vittorio Cottafavi per poi dividersi con successo tra sceneggiati, prosa, varietà diventando un collaudato showman.
    Qualche titolo di una fortunata stagione durata due decenni: "La figlia del capitano", "Le avventure di Laura Storm", "Un mese in campagna", "L'eredità della priora", il varietà "Senza rete".
    Aldo Giuffré diventa anche una voce richiestissima nel campo del doppiaggio dando voce a icone della sua Napoli come Renato Carosone o Sergio Bruni, a grandi attori come Rod Steiger ("Le mani sulla città"), Serge Reggiani ("Tutti a casa"), Jean Marais ("Fantomas"), perfino Vittorio De Sica ("Colpo grosso alla napoletana"), finché un tumore alle corde vocali nel giugno del '79 gli trasformò la voce, senza però riuscire a fermare la sua voglia di essere protagonista.
    A questo bilancio complessivo il cinema contribuì certamente in modo determinante benché poche volte gli fu lasciato lo spazio del protagonista, pur in film di successo. A fianco di Totò fu impareggiabile spalla da "Totò e Tarzan" a "Totò terzo uomo", da "Guardie e ladri" a "Il medico dei pazzi". Fu nel cast di "Carosello napoletano" (il primo titolo a colori del cinema italiano nel 1954); poi Francesco Rosi lo chiamò per il suo esordio nel 1959 ("I magliari") e Nanni Loy gli diede il giusto rilievo ne "Le quattro giornate di Napoli" (1962). Vittorio De Sica lo volle nell'episodio "Adelina" di "Ieri, oggi e domani" (1963) mentre i registi del cinema più popolare (Sergio Corbucci e Lucio Fulci, Pietro Francisci e Steno) se lo contendevano sugli sfondi più diversi, tra il mitologico e la commedia. Ha una grande occasione nel 1966 quando Sergio Leone gli affida il ruolo dell'ufficiale nordista, disincantato e pacifista, de "Il buono, il brutto, il cattivo". L'anno dopo Giuffré si ripete in "Questi fantasmi" di Renato Castellani, ma dovrà attendere il 1984 con "Mi manda Picone" di Nanni Loy per avere la candidatura al David di Donatello. Chiuderà la carriera al cinema con "Rosa Funzeca" e "La repubblica di San Gennaro" all'inizio degli anni Duemila. Nel 2003 calca per l'ultima volta le scene con "Una commedia in famiglia" di Eduardo Scarpetta, confermandosi capace come pochi di rendere universale lo spirito partenopeo sulle tracce di Eduardo.
    Sposato tre volte (la seconda moglie Liana Trouché muore in un incidente nel 1981 dopo avergli dato l'amata figlia Jessica, la terza Elena Pietro Zaccaria gli resterà a fianco fino alla morte) diceva di se stesso: "Dentro di me, sono uno zingaro a cui piace avere un approdo. Un luogo che ha valore perché lì si ritrova il calore degli affetti e quella stabilità che ho cominciato a inseguire dalla morte di mio padre. Eppure, la vita, questa stabilità, è come se si fosse divertita a negarmela".
   

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