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L'utopia combattiva di Citto Maselli ritrova la sala

L'utopia combattiva di Citto Maselli ritrova la sala

Dal 10/10 il film-documento sul grande testimone del Novecento

ROMA, 09 ottobre 2022, 14:06

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Arriva il 10 ottobre nelle sale grazie alla coraggiosa distribuzione di Cineclub Internazionale il film-documento di Daniele Ceccarini CITTO, racconto corale e solo parzialmente in prima persona, su vita e opere di Francesco Maselli, classe 1930, professione regista militante e, a tempo perso, fotografo, inventore, artista. La vita dell'autore romano, precocissimo in tutto (partigiano a 13 anni, militante comunista a 16, diplomato al Centro sperimentale a 19, vincitore a Cannes per un "corto" a 22, debuttante nel lungometraggio a 25), è di per sé un romanzo.
    Cresciuto in un ambiente intellettuale e antifascista, Maselli abbraccia il cinema e la politica quasi contemporaneamente a guerra appena finita e appare già allora (come ricorda la sua compagna di scuola Luciana Castellina) "un adulto che impartiva lezioni di serietà morale e professionale".
    È Luigi Charini a portarlo per primo su un set, incoraggiando il talento che già si vedeva nei primi tentativi del ragazzo, ma è Michelangelo Antonioni a farne il suo "aiuto" e sodale fin da "L'amorosa menzogna" del 1948. In coppia i due fanno furore tra infuocate discussioni, film non convenzionali, belle donne, macchine rombanti e notti brave. Ma Citto comincia presto anche a frequentare un "maestro" del tutto diverso come Luchino Visconti che con lui condivide la passione per la politica e il rigore estetico. Sarà proprio Visconti a spingerlo al debutto nel lungometraggio con il folgorante "Gli sbandati" che vale a Maselli un premio alla Mostra di Venezia nel 1955.
    Benché i suoi film non siano molti, si può dire che molte delle opere di Maselli hanno segnato i passaggi cruciali della cultura italiana del '900: da "Gli indifferenti" tratto dal capolavoro di Moravia a "Lettera aperta a un giornale della sera" che nel 1970 sancì la crisi della borghesia di sinistra dopo il fallimento dell'utopia del '68; da "Il sospetto" che gettava una luce autocritica sull'antifascismo militante a "Storia d'amore" con cui si apriva la sua originale serie di ritratti al femminile che avrebbe lasciato poi il posto a un nuovo impegno militante coi film collettivi e il profetico "Le ombre rosse" del 2009.
   

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