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Donne che compongono, le invisibili della classica

Donne che compongono, le invisibili della classica

A Palazzetto Bru Zane a Venezia la metà nascosta della musica

ROMA, 08 marzo 2022, 16:17

di Luciano Fioramonti

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Chi conosce la pianista Cécile Chaminade che nel periodo tardoromantico ebbe in Francia la Legion d' Onore? O la viennese Marianne von Martinez, divenuta nella seconda metà del Settecento Accademica della Filarmonica di Bologna tre anni dopo Mozart, o Amy Beach, autrice americana di sinfonie e concerti per pianoforte e orchestra tra Ottocento e Novecento dallo stile appassionato come Brahms e Schumann? E' scontato che il grande pubblico non sappia niente di loro se il destino le accomuna al gran numero di compositrici di cui si è persa traccia perché la classica è sempre stata una esclusiva degli uomini. Le rare eccezioni -come Fanny Mendelssohn, sorella del più famoso Felix, o Clara Wieck, moglie di Robert Schumann, che hanno guadagnato qualche trafiletto sui manuali universitari - anche in questo campo non fanno la regola. Ad accendere i riflettori proprio nel giorno della festa della donna su questa pagina nascosta della musica è Palazzetto Bru Zane, l' istituzione che a Venezia lavora dal 2009 alla riscoperta del patrimonio musicale francese tra la fine del Settecento e i primi anni del Novecento. Qui la studiosa Monique Ciola racconterà ''Quando le donne si misero a comporre'' prendendo le mosse dalle vicende di tre autrici francesi, Virginie Morel, Charlotte Sohy e Mel Bonis di cui saranno eseguiti brani per uno sguardo sulla musica pianistica femminile, campo forzatamente privilegiato per le donne.
    ''La falsa narrazione della storia di secoli scritta dagli uomini per gli uomini - osserva Ciola, pianista e insegnante in una scuola superiore- ha escluso le donne sia dalla memoria dimenticando che ce ne sono state migliaia, sia dalle esecuzioni, dalle sale da concerto, dai programmi di conservatori, dai manuali universitari''. Oggi - dice convinta - il problema è che nei programmi delle stagioni delle istituzioni musicali le compositrici non compaiono. Dagli anni Novanta si è sviluppato un filone di ricerca accademico che attraverso pubblicazioni ha cominciato a togliere la polvere da questo oblio sulle autrici dal Cinquecento in poi, ma sono episodi sporadici. Del resto, i programmi delle stagioni parlano chiaro.
    Nel periodo 2000-2010 una ricerca commissionata dal Parlamento europeo ha svelato che la musica scritta da donne eseguita in Europa era il 3 per cento. Nelle ultime quattro stagioni in America, da uno studio su 21 orchestre più importanti il livello risulta salito al dieci per cento. Per l' Italia, mancando dati organici, bisogna spulciare nei singoli programmi e allora - ad esempio - si scopre che il Maggio Fiorentino per il 2021-2022 su un totale di 53 compositori, propone solo tre donne, contemporanee, o che l' Orchestra sinfonica Siciliana tra i 61 compositori ha in cartellone solo Clara Schumann, e che la Filarmonica della Scala ha 7 concerti per 17 compositori.
    In passato - ricorda Ciola - ci sono stati anche casi eclatanti come Maria Rosa Coccia, accettata nella Filarmonica di Bologna intorno al 1780, che a Roma aveva superato l' esame per diventare Maestro di Cappella ma un anno dopo fu contestata da chi sosteneva che non aveva titoli e meriti. Per le italiane vanno citate le pianiste napoletane Gilda Ruta ed Emilia Gubitosi, attive dalla fine dell' ottocento e il Novecento. La tastiera era l' unica strada concessa alle donne alle quali la lirica e la musica sinfonica erano precluse per gli ostacoli sociali e perché non potevano iscriversi alle accademie e ai conservatori. Tra le contemporanee, Teresa Procaccini è stata la prima direttrice di Conservatorio - a Foggia nel 1970-1971 - e ha insegnato composizione al Conservatorio di Santa Cecilia fino al 2001.
    ''Per restituire la visibilità - conclude Monique Ciola - il punto di partenza è recupero di tutte quelle storie che hanno contribuito a costruire la storia della musica ma che ci mancano. Le compositrici vanno inserite nei programmi e ascoltate non perché sono donne ma perché quello che hanno lasciato è importante''. Lo aveva ben chiaro secoli fa Maddalena Casulana, autrice toscana di madrigali della seconda metà del Cinquecento alla corte di Isabella de Medici, che nella prefazione di uno dei suoi libri di composizioni scrisse che con le suo opere voleva ''di mostrar al mondo il vano error de gl'huomini, che degli alti doni dell'intelletto tanto si credono patroni, che par loro ch'alle Donne non possono medesimamente esser communi".
   

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