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Mario Brega, io e poi De Niro. Coatti si nasce e si diventa

Mario Brega, io e poi De Niro. Coatti si nasce e si diventa

Esce biografia del caratterista cult di Verdone e Leone

06 maggio 2018, 14:08

di A.M.

ANSACheck

Mario Brega e Carlo Verdone in una scena cult di Un sacco bello, esordio di Verdone 1980 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Mario Brega e Carlo Verdone in una scena cult di Un sacco bello, esordio di Verdone 1980 - RIPRODUZIONE RISERVATA
Mario Brega e Carlo Verdone in una scena cult di Un sacco bello, esordio di Verdone 1980 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il “fratello perduto e ritrovato di Sergio Leone”, il “miglior amico di Robert De Niro”, quello che menava Gian Maria Volonté, che aveva perso a poker e non voleva pagare, che portava a letto sulle spalle Lee Van Cleef ubriaco perché la mattina dopo si doveva svegliare all’alba… Storie che sono quasi sempre se non in contraddizione, magari un po’ gonfiate, ma che dimostrano come nel cinema è sempre bene che vinca il mito piuttosto che la verità. Marco Giusti ricorda Mario Brega (25 marzo 1923 – 23 luglio 1994), romano, stuntman, attore caratterista di tanti film dagli anni '60 in poi, esaltato da Sergio Leone prima e poi da Carlo Verdone e reso, con battute che anche le giovani generazioni sanno a memoria, un mito. Da “Arzate! A ’nfame, arzate!” a "Come so' ste olive?” di Borotalco.

Aneddoti, leggende e una storia avventurosa raccontano Brega nella biografia di Ezio Cardarelli "ce sto io poi ce sta de niro" (un'altra delle sue frasi sborone), con la prefazione di Giusti e la postfazione di Verdone (e un saggio di Alberto Castellano), pubblicata da A est dell'equatore dal 17 maggio.

Giusti spiega come ha passato anni cercando di ricostruire i celebri pugni tra Brega e Gordon Scott sul set di Buffalo Bill, eroe del West. E che poi dette vita alla memorabile scazzottata coi “due di passaggio” di Borotalco. "Se è Sergio Leone a costruire il mito di Mario Brega nel nostro cinema in Per un pugno di dollari e in Per qualche dollaro in più, è poi Carlo Verdone a fissarlo per sempre come personaggio comico coatto romano. A renderlo cinema romano, a renderlo il nostro Mario Brega. Certo, se lo chiedeva anche lui perché quel giorno, negli studi di Alvaro Mancori a Settebagni, Sergio Leone scelse proprio lui e non Renato Baldini o qualche altro attore italiano di secondo piano. E si rispondeva da solo, “perché avevo la faccia da buono. Facevo il cattivo ma avevo la faccia da buono”", scrive Giusti. Il miglior film che ha girato con Leone?, gli chiederà Carlo Romeo, nell’unica sua intervista che ci è rimasta, a Teleroma 56 nel 1991. “Per un pugno di dollari”, risponde senza esitazioni. “L’avevamo fatto con la fame. Nun ciavevamo una lira...Nel nostro hotel mi chiedevano sempre: Señor Brega, la cuenta. E io: domani, facciamo domani”. E qui una volta tanto non possiamo che credere totalmente alla versione di Mario Brega. All’idea che sia grazie alla fame che quel film è venuto fuori in maniera così speciale. E che la fame sia alla base anche dell’amicizia che ha legato per tanti anni Leone a Brega. Brega, già attore di parecchi film in ruoli più o meno minori,  I mostri o La marcia su Roma, rinasce totalmente con Sergio Leone e diventa una sorta di braccio destro del maestro del western all’italiana. Anche se sul set recita in romano, come racconteranno tutti i suoi registi.

Ezio Cardarelli (già autore di una biografia su Bombolo) dichiara apertamente affetto da fan per i personaggi dei primi film di Verdone, Un Sacco Bello, Bianco Rosso e Verdone, Acqua e Sapone e Troppo Forte. Tra i tanti, "quello che più mi faceva divertire era un uomo dal fisico massiccio, il faccione infuriato e gli occhiali grandi che però non gli conferivano affatto l’aria da intellettuale ma da biscazziere, di quelli che una volta si incontravano ai tavoli di poker clandestino. Quell’uomo era Mario Brega. Con quel volto dall’espressione che incuteva timore, Brega era il romano caciarone, diretto, “battutaro”, manesco ma, in fondo, dall’aria paterna. Ascoltando del suo casuale incontro con Mario Brega in casa del grande regista Sergio Leone ho iniziato a pensare che un personaggio del genere andava raccontato, ricordato alle giovani generazioni di appassionati di cinema e non solo, perché non si poteva correre il rischio di dimenticare quell’omone burbero che aveva fatto la fortuna di tante pellicole, anche quando appariva soltanto per pochi istanti. Per quanto attore amatissimo e ancora molto popolare, sull’uomo Mario Brega si è scritto davvero poco e la difficoltà più grande è stata reperire le informazioni necessarie per buttar giù una storia che restituisse fedelmente il suo carattere al lettore".

 che lo ha conosciuto benissimo dice di lui: "Mario Brega è furbo, svelto, intelligente, spavaldo, un po’ megalomane. Assorbe tutto ciò che vede e capisce al volo con chi ha a che fare. È anche folle nel non temere nessuno e a mettergli paura con quella faccia da duro e il tono della voce alto e spesso minaccioso. Ma è anche generoso oltre misura. Poteva portarti a casa dieci casse di frutta e verdura di primissima scelta dai Mercati Generali (dove lavorò per molto tempo) o poteva presentarsi con tre scatole di scarpe costose di Testoni o di Samo. Come poteva urlarti dalla strada: “A’ busciardo! M’avevi promesso venti pose e mo’ me ne fai fa’ cinque? Scenni che parlàmo! A’ busciardo, io mica so’ n’accattone!”. Era imprevedibile. E c’era un solo modo per farlo calmare, farsi trovare fragile, debole. Se poco poco provavi ad affrontarlo rischiavi di finire male. La forza di Brega qual era sullo schermo? Era realmente un bravo attore? Lo era se faceva il Mario Brega della vita di tutti i giorni. E lui era talmente incosciente, senza timore alcuno, che riusciva a trasportare perfettamente sé stesso. Spesso esagerando o addirittura improvvisando fuori luogo. E quindi la bravura del regista era quello di regolarlo nei toni e nei gesti. La vita di Mario Brega era una continua recita. Recitava anche a sé stesso".

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