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Per i big della moda il 2021 a livelli pre-covid, ma l'Italia fatica

Per i big della moda il 2021 a livelli pre-covid, ma l'Italia fatica

Studio Mediobanca, LVMH prima per ricavi. Per l'Italia c'è Prada

MILANO, 25 febbraio 2022, 18:59

di Marcella Merlo

ANSACheck

Prada - Runway - Milan Women 's Fashion Week - RIPRODUZIONE RISERVATA

Prada - Runway - Milan Women 's Fashion Week - RIPRODUZIONE RISERVATA
Prada - Runway - Milan Women 's Fashion Week - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Il 2021 per i big della moda segna il ritorno ai livelli pre-covid ma questo non vale per i marchi italiani che avranno bisogno di un anno in più per riprendersi.    E' quanto emerge dal report Sistema moda realizzato dall'Area Studi di Mediobanca passando in rassegna i dati di 70 multinazionali e a 134 grandi aziende del settore in Italia.
    Nei primi nove mesi i maggiori player mondiali (quelli con un fatturato di almeno 1 miliardo di euro) hanno visto un rimbalzo del giro d'affari del 32% grazie alla Cina (+38% escluso il Giappone) e all'America (+37%, trainata dagli Stati Uniti) mentre il mercato europeo è andato all'inseguimento (+25%), penalizzato da flussi turistici ancora limitati. Per l'intero 2021 Mediobanca si attende una repentina ripresa a 'V' con una crescita del fatturato a livello aggregato del 28%, che permette alle multinazionali di superare i livelli pre-crisi (+10%). Il giro d'affari delle grandi aziende italiane della moda (con un fatturato superiore a 100 milioni) dovrebbe invece salire del 22% nel 2021 con un ritorno ai livelli pre-pandemia atteso nel 2022.
    Lo studio di Mediobanca evidenzia che un importante contribuito è arrivato per tutti, anche nell'anno appena passato, dalle vendite online (+25%) che hanno raggiunto oltre un quarto del giro d'affari complessivo. Ma altre tendenze si stanno imponendo al di là di quelle che sfilano sulle passerelle, prima fra tutti la crescente attenzione alle tematiche ESG (Environment, Social and Governance) a partire dall'ambiente. Sulla diversità di genere il report evidenzia la presenza femminile al vertice anche se scende all'aumentare della responsabilità. Ad avere più consiglieri donna (37,9%) sono i gruppi statunitensi rispetto a quelli europei (32,5%) dove brillano i marchi francesi con una quota di donne presenti nei Cda pari al 41,7% mentre gli italiani si fermano al 27,5%.
    Le meno rappresentate sono comunque le donne giapponesi (una su 10 consiglieri) A guardare i bilanci disponibili, quelli ormai un po' 'vecchi' del 2020, i 70 maggiori player mondiali della moda hanno fatturato complessivamente 379 miliardi (-13,8%). Fra i 30 brand europei l'Italia con i suoi sette big è il paese più rappresentato a livello numerico ma è la Francia, con una quota del 38% del fatturato aggregato, ad aggiudicarsi il primato per giro d'affari.
Al primo posto per ricavi tra i colossi mondiali c'è il gruppo transalpino LVMH (44,7 miliardi), seguito da Nike (36,3 miliardi), dalla spagnola Inditex (20,4 miliardi), che controlla Zara, dalla tedesca Adidas (19,8 miliardi), la svedese H&M (18,6 miliardi), la giapponese Fast Retailing (15,9 miliardi), che detiene il brand UNIQLO, e il gruppo di occhiali EssilorLuxottica (14,4 miliardi), basata a Parigi anche se il suo maggior azionista è Leonardo Del Vecchio. Prima tra gli italiani è Prada (2,4 miliardi) solo 38esima nella classifica mondiale.
    Per tutti insieme al fatturato si è contratta anche la redditività (ebit margin aggregato al 9,7% dal 13,3% del 2019) con Hermès confermato sul podio davanti a LVMH divisione Fashion, all'italiana Moncler e all'altro big transalpino, Kering.
   

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