Ebrei, cattolici e musulmani.
Insieme, per rafforzare un impegno comune in opposizione a
pregiudizio, discriminazione e violenza di genere, in
particolare quella rivolta contro giovani e adolescenti,
riconoscendo il ruolo che le attende in futuro nella società.
È la sfida del progetto "Not in my name. Ebrei, Cattolici e
Musulmani in campo contro la violenza sulle Donne", frutto della
collaborazione tra l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la
Comunità Religiosa Islamica Italiana e l'Ateneo Pontificio
Regina Apostolorum sotto l'egida del Dipartimento per le Pari
Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ne
ha finanziato la realizzazione.
L'iniziativa, caratterizzata da un piano concreto di interventi
rivolto alle nuove generazioni, attraverso il coinvolgimento
delle scuole, è stata presentata nella sede del Ministero
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. "Questo
ministero - ha detto il ministro del Miur Fioramonti in un
messaggio - è impegnato costantemente nella promozione di
attività finalizzate al contrasto di ogni forma di violenza. Un
proposito mandato avanti in maniera passionale e concreta".
Parlando della tragedia dei femminicidi, Livia Ottolenghi,
assessore alla scuola dell'Unione delle Comunità ebraiche
italiane ha definito questa "Una realtà inaccettabile. Purtroppo
l'attualità ci dice che l'attenzione su questo fenomeno non deve
mai abbassarsi. L'uccisione di questa mattina a Pozzo d'Adda ci
mette di fronte a delle vere e proprie violazioni dei diritti
umani". "Il ruolo delle donne all'interno della società va
rafforzato. Il progetto che presentiamo oggi mette insieme tre
religioni - ebraica, cristiana e musulmana - come portatrici di
valori. Mette insieme competenze ed esperienze culturali a
favore delle giovani generazioni, educandole al rispetto. Perché
questa è la parola chiave contro ogni violenza".
Aisha Lazzerini, coordinatrice del Comitato scientifico del
Coreis, ha sostenuto che l'iniziativa odierna "è un atto
necessario. L'Islam sembra per natura ostile alla donna: non è
assolutamente vero. La religione viene spesso utilizzata per
giustificare atti di violenza nei confronti delle donne: è
importante che siano autorevoli rappresentanti delle regioni ad
attestare che la violenza non ha alcun fondamento con le
religioni stesse; la spiritualità deve essere vivente".
Per Marta Rodriguez, dell'Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum, "la religione non si esaurisce nella cultura.
Questo mondo è disumanizzato e dobbiamo fare di più per
sostenerlo".
Il progetto si articola in settimane formative a Roma,
Milano, Torino, laboratori teatrali, occasioni di dialogo e di
confronto per contribuire alla consapevolezza critica e al
depotenziamento dei pregiudizi.
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