In questi giorni si celebrano il
Safer Internet Day e la Giornata mondiale contro il bullismo e
il cyberbullismo. I dati del monitoraggio, condotto su questi
temi dal ministero dell'Istruzione su un campione di più di
185mila studenti e più di 44mila docenti nell'anno scolastico
2022/23, rilevano che la prepotenza "faccia a faccia" ha colpito
il 26,9% degli intervistati e vede il 17,5% del campione come
parte attiva. Nella modalità digitale i numeri rivelano un 8%
degli studenti intervistati nel ruolo di vittime e il 7,2% come
autori di episodi di cyberbullismo.
"Sul cyberbullismo la scuola è da tempo impegnata - afferma
la segretaria generale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci - per
tutelare i minori da insidie che si nascondono in Internet:
frodi, revenge porn, incitazione all'autolesionismo,
all'anoressia e alla bulimia, molestie e denigrazione, e molto
altro. Il contrasto a questi fenomeni passa necessariamente da
una formazione che coinvolga famiglie, docenti e in modo
particolare gli studenti, esposti sin da giovanissimi all'uso
della Rete".
"Oltre ai referenti già presenti nelle scuole - prosegue
Ivana Barbacci - occorre promuovere un ruolo attivo tra gli
studenti, spesso inconsapevoli delle conseguenze sociali e
giudiziarie di possibili trasgressioni; perché ad esempio non
affidare, a quelli tra loro che possono aver tratto conoscenze e
competenze da esperienze direttamente vissute, un ruolo di
formatore tra pari?"
"In ogni caso - sottolinea Barbacci - e soprattutto su
problemi di questa natura, la scuola non può agire efficacemente
se si ritrova a farlo da sola. Trovino spazio esplicitamente nei
patti di corresponsabilità. Così come è fondamentale che, in
caso di misure assunte nei confronti degli alunni coinvolti, non
si perda mai di vista il fine educativo, e non meramente
punitivo, che nella scuola è richiesto anche ai provvedimenti
disciplinari".
"Del gravissimo episodio di Varese - conclude la segretaria
generale Cisl Scuola - voglio però mettere in evidenza
soprattutto un aspetto: quello della preoccupazione manifestata
dall'insegnante, ricoverata in ospedale, per l'alunno che
l'aveva aggredita. Questo spiega, meglio di ogni discorso, cosa
significa per un insegnante quel prendersi cura che è parte
fondante della sua professionalità. E interroga tutti noi su
come mai, oggi, proprio le professioni di cura finiscano spesso
al centro di episodi di violenza: un segno, fra l'altro, di
quanto la comunità non ne consideri abbastanza l'importanza e il
valore".
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