C'è la giovinezza che non ha potuto
vivere spensierata, le contraddizioni di Napoli che è sempre in
scena come a teatro, il dolore e la malinconia, il passaggio
alla consapevolezza che segna l'età adulta, il primo film con
una donna protagonista, l'esplorazione del femminile un lato di
se stesso cui ha voluto dare voce, l'incanto e il disincanto, le
molteplici sfumature dell'amore, il profano che sostanzia il
sacro. C'è questo e anche altro, secondo le sue stesse risposte,
in Parthenope oggi in concorso per la Palma d'oro.
Paolo Sorrentino lo racconta alla stampa italiana, settima volta
al festival, "cui sono grato e che mi emoziona ogni volta perchè
a Cannes non ci si abitua molto, sono nel luogo in cui sono
esploso, senza questo festival non avrei fatto tutti i film che
ho fatto".
Non c'è, prosegue il regista, nostalgia, "io la giovinezza
felice l'ho sognata" e ora è diventata un film. "Non è una
lettera di amore a Napoli, non le ho mai sapute scrivere ma un
viaggio nel mistero di questa città indefinibile, teatralizzata,
in cui tutto è recita", dice Sorrentino che puntella la storia
di questa giovane che nasce nell'acqua del Golfo, a Palazzo
Donn'Anna a Mergellina nel 1950 e con le sue esperienze vive
momenti storici come la contestazione, il colera, il terremoto
persino, immancabile, la città in festa per lo scudetto del
Napoli. Il premio Oscar Gary Oldman, Stefania Sandrelli, Luisa
Ranieri, Isabella Ferrari, la protagonista Celeste Dalla Porta,
Beppe Lanzetta, i giovani Daniele Rienzo e Dario Aita (assente
perchè impegnato a teatro Silvio Orlando) hanno accompagnato
Paolo Sorrentino a Cannes nel giorno di Parthenope.
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