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ANSAcom - In collaborazione con Challenge Network
Per un prodotto made in Italy gli italiani sono disposti a pagare anche un 20% in più. E' quanto emerge dalla ricerca di Teleperformance Knowledge Services commissionata da Made in Italy, progetto rivolto alla valorizzazione delle eccellenza italiane, su un campione di 2mila italiani tra i 18 e 65 anni, rappresentativo della popolazione per genere e area geografica. Ne emerge, appunto, che il valore del brand Made in Italy è sempre più riconosciuto e che gli italiani sono disposti a pagare qualcosa in più per avere prodotti autentici e di qualità.
I marchigiani, svela la ricerca, si dicono disposti a spendere fino a un 17% in più, e quindi leggermente sotto la media nazionale, ma dimostrando comunque di dare valore ai prodotti realizzati sul territorio italiano. Se ne è parlato oggi pomeriggio ad Ancona nel roadshow “Tradizione e innovazione Made in Italy - I protagonisti si raccontano”, che si è tenuto nella sede di Confindustria. L’obiettivo dell’evento - pensato da Roberto Santori, founder di Made in Italy - è stato quello di favorire lo scambio di idee per creare valore per il business e il sistema paese, facendo leva sulle competenze del Made in Italy. L’evento si è aperto con i saluti di Santori, di Giorgio Moretti, vicepresidente di Confindustria Ancona, e Massimiliano Imbesi, regional manager centro nord Manpower Group Italia. Gabriele Albani, ceo di Teleperformance Knowledge Services, ha illustrato i risultati della ricerca, confrontando i dati nazionali con lo spaccato di quelli della regione Marche.
La fase del processo produttivo ha un impatto molto forte nella connotazione del Made in Italy, con l’85% degli intervistati che afferma che il prodotto deve essere creato da un’azienda italiana in cui tutto il processo produttivo si svolge in Italia. Il food (78%) e il fashion (69%) dominano la classifica dei settori maggiormente associati al Made in Italy. Nelle Marche, la ricerca ha evidenziato un forte interesse per l'adozione di nuove tecnologie, nell'ambito della produzione e del processo produttivo. Questo dimostra – è stato sottolineato - un chiaro impegno nell'innovazione per mantenere e rafforzare la competitività nel mercato globale. Inoltre, l'indagine ha messo in luce un forte legame emotivo e culturale con l'industria manifatturiera, con un'enfasi particolare sulle pelletterie, settore storico e di grande rilievo economico per la regione Marche.
“L’indagine conferma che il Made in Italy è uno stile affermato in tutto il mondo e al quale, nonostante una crescente concorrenza con cui ci si confronta sul piano del costo o della imitazione, non vogliamo rinunciare, consapevoli del suo valore in termini di qualità e creatività”, ha evidenziato Sartori. “La nostra ricerca conferma che Made in Italy è soprattutto generazione di valore per l’economia nazionale”, ha detto invece Albani. All'evento hanno partecipato anche Federica Capriotti, presidente Imelca; Giovanni Clementoni, amministratore delegato Clementoni; Giovanni Fileni founder e presidente Fileni Alimentare; Enrico Giaquinto, chief industrial operations officer di Angelini Pharma; Enrico Loccioni, presidente Loccioni; Maurizio Vecchiola, amministratore delegato Finproject; e Giulio Camillo Zuccoli, ceo TooA, che hanno raccontato le loro storie di successo legate al made in Italy.
Il neo rettore dell'Università di Camerino, Graziano Leoni, ha concluso i lavori con una riflessione su come le aziende possono approfittare delle opportunità offerte dal Pnrr per rafforzare le competenze, soprattutto in ambito di ricerca e tecnologia, e valorizzare i giovani talenti.
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