Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.
Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.
In evidenza
In evidenza
ANSAcom
ANSAcom - In collaborazione con Teva
I farmaci ad azione preventiva hanno cambiato radicalmente la qualità di vita dei pazienti affetti da emicrania. Si tratta di anticorpi monoclonali diretti contro una molecola (CGRP) coinvolta nel meccanismo che causa l’emicrania, che si sono dimostrati sicuri, efficaci e ben tollerati. Attualmente si prevede che il ciclo di trattamento duri per 12 mesi oltre i quali c’è un periodo di sospensione. Proprio questa indicazione è ora messa in discussione da uno studio presentato nel corso del congresso dell'Associazione Europea di Neurologia (EAN) che si apre oggi a Helsinki. La ricerca mostra infatti che la sospensione del trattamento può portare a un aumento degli attacchi di emicrania e una diminuzione dell'efficacia della cura quando verrà ripresa.
Lo studio, denominato PEARL, è una ricerca real world - vale a dire realizzata nella normale pratica clinica - che ha valutato l'impatto dell’interruzione e della ripresa del trattamento con l’anticorpo monoclonale fremanezumab in pazienti adulti con emicrania episodica o cronica. Dall’analisi dei dati è emerso che il 40% dei pazienti va incontro ad un peggioramento dell’emicrania, con un aumento del numero di giorni con mal di testa, nel primo e secondo mese dopo la pausa del trattamento. Inoltre, i ricercatori hanno constatato una riduzione dell’efficacia del trattamento nei primi mesi dopo la ripresa del trattamento, con un calo importante della quota di pazienti che riesce a ottenere un riduzione significativa dei giorni con emicrania. Lo studio, ha affermato Dimos Mitsikostas, professore di Neurologia alla Medical School of the National & Kapodistrian University of Athens, “dimostra che l'interruzione e la ripresa del trattamento possono interrompere i progressi compiuti nella gestione della patologia in alcuni” pazienti con emicrania episodica e cronica. Per questo, ha aggiunto Mitsikostas, “è importante farsi guidare dalle evidenze e adottare un approccio terapeutico più personalizzato e non una strategia a ‘taglia unica per tutti’”.
"Questa nuova sotto-analisi può mettere in discussione la logica delle pause obbligatorie del trattamento e mette in evidenza il potenziale rischio di queste pause nel diminuire i benefici ottenuti nella riduzione dell'emicrania per alcuni pazienti", ha aggiunto Pinar Kokturk, vice president & head of Medical Affairs Europe di Teva. "Lo studio PEARL dimostra l'efficacia e la sicurezza a lungo termine di fremanezumab nel prevenire l'emicrania sia episodica che cronica in un contesto di pratica clinica reale e sottolinea il vantaggio della continuità del trattamento e delle strategie di gestione del paziente personalizzate e ininterrotte”, ha concluso.
ANSAcom - In collaborazione con Teva
Ultima ora