L'Italia ha ritardi da colmare
rispetto agli altri Paesi europei in termini di risorse
mobilitate per lo sviluppo sostenibile e della tutela del clima,
secondo le linee guida strategiche settoriali di Cdp
'Cooperazione internazionale e finanza per lo sviluppo'. Il
Paese tra il 2019 e il 2021 ha fornito aiuti pubblici allo
sviluppo pari allo 0,2% del reddito nazionale lordo, a fronte di
valori compresi tra lo 0,5% e lo 0,7% per Francia, Germania e
Regno Unito.
Anche nell'ambito della finanza per il clima, l'Italia ha
finora mobilitato 0,5 miliardi di dollari l'anno a fronte dei
6-8 miliardi di Francia e Germania. Per aumentare il contributo
italiano, è stato istituito il Fondo Italiano per il Clima,
gestito da Cdp, che è stato presentato alla Conferenza delle
Nazioni Unite di Sharm El
Sheikh COP27. Con una dotazione di 4,2 miliardi di euro in
cinque anni, il Fondo è, per Cdp, un "unicum
nel panorama europeo per dimensioni, ampiezza del perimetro di
intervento e diversità di strumenti finanziari e rappresenta
l'occasione per un cambio di passo per l'Italia nella Finanza
per il Clima globale".
La Cassa , che è l'istituzione finanziaria italiana per la
Cooperazione allo Sviluppo, individua due macro-aree di focus
per l'azione nei Paesi partner, con un'attenzione ai settori
dove il sistema produttivo italiano è più forte. Le due aree
sono la tutela del clima e dell'ambiente (energie pulite,
efficientamento energetico, economia circolare, adattamento
climatico) e la crescita sostenibile e inclusiva attraverso lo
sviluppo delle filiere locali, lo sviluppo di infrastrutture
sostenibili e resilienti, il miglioramento dell'accesso al
credito e ai servizi essenziali per le comunità locali.
L'Italia, secondo questa analisi, "tramite l'azione di Cdp,
complementare rispetto agli attori pubblici della Cooperazione,
può colmare i gap" con gli altri grandi Paesi europei.
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