(di Lorenzo Dolce e Luca Prosperi)
Venticinque gli imputati
nell'inchiesta principale sulla tragedia dell'hotel Rigopiano di
Farindola (Pescara), travolto e distrutto il 18 gennaio 2017 da
una valanga che provocò la morte di 29 persone. Sono 24 persone
e una società. Nel procedimento in corso davanti al gup del
Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, tra i coinvolti
figurano l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, l'ex
presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco e il
sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. Le accuse, a vario
titolo: crollo di costruzioni o altri disastri colposi, omicidio
e lesioni colpose, abuso d'ufficio, falso ideologico.
Al centro dell'inchiesta, condotta dal procuratore capo di
Pescara Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, la
mancata realizzazione della carta valanghe, presunte
inadempienze su manutenzione e sgombero delle strade che
portavano all'hotel e tardivo allestimento del centro di
coordinamento dei soccorsi. Come chiesto dalla Procura, le
posizioni che riguardano il versante politico della vicenda sono
state archiviate il 3 dicembre 2019 dal gip Nicola Colantonio.
Tra gli archiviati tre ex governatori dell'Abruzzo - Luciano
D'Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi - e gli assessori
alla Protezione Civile che si sono succeduti negli anni.
Prossima udienza il 31 gennaio: il gup scioglierà la riserva
sulla decisione relativa all'unificazione dell'inchiesta madre
con il procedimento bis, riguardante un presunto depistaggio.
Accusati di frode in processo penale e depistaggio, sono 7 gli
imputati nel secondo procedimento: l'ex prefetto Provolo, i
viceprefetti distaccati Salvatore Angieri e Sergio Mazzia, i
dirigenti Ida De Cesaris (imputata insieme a Provolo anche
nell'inchiesta madre), Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e
Daniela Acquaviva. Gli imputati, nonostante le sollecitazioni a
fornire agli investigatori ogni elemento utile alle indagini,
secondo l'accusa avrebbero omesso di riportare nelle relazioni
le segnalazioni di soccorso pervenute in Prefettura quel 18
gennaio, in particolare dal cameriere Gabriele D'Angelo, una
delle vittime. Avrebbero cercato, ognuno per quanto di
competenza, di nascondere agli inquirenti i brogliacci con le
chiamate in arrivo. Nel procedimento sul presunto depistaggio il
ministero della Giustizia si è costituito parte civile.
Sulla tragedia aperti altri due fascicoli. Il primo - a
seguito di esposto della difesa del sindaco di Farindola - a
carico del tenente colonnello dei carabinieri forestali
Annamaria Angelozzi e del consulente nominato dalla Procura Igor
Chiambretti, procedimento archiviato a ottobre dal gip per
"manifesta infondatezza". Il secondo e ultimo sulle telefonate
di D'Angelo per chiedere l'evacuazione dell'hotel: in base a una
denuncia dell'ex capo della Mobile di Pescara Pierfrancesco
Muriana, vi sarebbero incongruenze tra acquisizioni dei tabulati
e tempi delle indagini condotte dai carabinieri forestali.
Indagati nell'inchiesta Angelozzi e i sottufficiali Michele
Brunozzi e Carmen Marianacci, accusati di falso materiale e
falso ideologico. Di recente iscritto nel registro degli
indagati anche un altro carabiniere, il ten.col. Massimiliano Di
Pietro, ex comandante del Nucleo investigativo di Pescara.
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