(di Luciano Fioramonti)
(ANSA) - ANCONA, 26 NOV - Poche statue avvolte nel cellophane
salvate dalla distruzione seguita al sisma del 2016 nel centro
Italia per ricordare lo sfregio enorme al patrimonio di tesori
provocato da quella tragedia. Intorno a loro le opere di 36
artisti contemporanei che invitano a riflettere "sul rapporto
tra uomo e natura, chi siamo oggi, cosa vogliamo essere e quanto
abbiamo perso nei terremoti della vita, materiali o di tipo
diverso come è accaduto con la pandemia". Lancia una sfida
concettuale la mostra Terra Sacra, curata da Flavio Arensi, che
Ancona ospita fino all' 8 maggio prossimo nella meraviglia
architettonica della Mole Vanvitelliana.
Negli spazi suggestivi della struttura nata come Lazzaretto
nel 1732 su un' isola artificiale nel porto della città e oggi
centro culturale ad ampio spettro, si snodano i 300 lavori,
alcuni site specific, del gruppo di protagonisti della scena
artistica nazionale, da Gina Pane a Davide Quayola, da Titina
Maselli a Leonardo Cremonini, Gregorio Botta, Gino De Dominicis,
Flavio Favelli, da Salvo a Zerocalcare.
Le opere, spiega Arensi all'ANSA, sono state scelte una ad una
in un processo durato due anni perché alcune dovevano
interfacciarsi con altre anche a distanza di tempo - come la
maternità di Franco Pinna degli anni Cinquanta e quella di
Pietro Masturzo degli anni Duemila in Israele per far capire che
l' uomo è l' uomo sempre, così come la natura. L' obiettivo è
aprire canali di discussione su un panorama a 360 gradi sulle
espressioni artistiche, che spaziano dal fumetto, a chi dipinge,
a chi fa il digitale, chi fa fotografia. '' Questa è una
mostra di restituzione, ma anche di valori umani - dice il
curatore - . Oltre che sui danni di un terremoto, vuole essere
l' occasione per uno sguardo critico sul mondo dell' arte oggi,
sull' abitudine di usare sempre gli stessi artisti e le stesse
dinamiche e di voler sembrare internazionali''. E' necessario,
invece, ripartire dal territorio con un approccio antropologico
per il sociale e aprire canali di discussione su un panorama a
360 gradi delle espressioni artistiche, dal fumetto alla pittura
tradizionale, sculture, installazioni, fotografia.
Apre il percorso nel Magazzino Tabacchi il bosco digitale di
Quayola, con le immagini degli alberi accostate a un squarcio
digitale di una scultura classica che richiama il Gruppo del
Laocoonte. Gli alberi sono i protagonisti anche di Concerto per
natura morta, la grande installazione del 2014 di Roberto
Pugliese, 12 enormi trochi cavi sospesi con diffusori alle
estremità che rilanciano musica. C' è poi l'ironia di Uno che fa
buchi nell' acqua di Giovanni Albanese con la lunga punta di un
trapano in moto dentro un catino. Poco più in là ecco il suono
delle poetiche campane tibetane di Orbite di Gregorio Botta.
Il territorio è campo di esame della pittura con le Donne
addormentate al sole di Leonardo Cremonin, Anversa di Renato
Birolli, l'Autostrada di Titina Maselli, la Sicilia di Salvo,
il raro ritratto di Gina Pane e il Gilgamesh di Gino de
Dominicis. C'è poi l' aspetto magico con le immagini di Franco
Pinna con l'antropologo Ernesto de Martino alla ricerca dei
riti nel Sud Italia e le tarantolate accostate alla grande
Tarantola di Pino Pascali fotografata da Claudio Abate. Di altri
luoghi parlano, tra le altre, le foto di Pietro Masturzo, tra
cui quella della protesta notturna delle donne di Teheran
(vincitrice del World Press Photo 2010) che salgono sul tetto a
cantare contro il regime. E poi i senza casa e la questione dei
confini, capitolo in cui entrano le tavole di Macerie prime di
Zerocalcare.
L' idea di Terra Sacra, promossa dall' assessore comunale alla
Cultura Paolo Marasca, è nata proprio nell'ottobre del 2016
quando, durante l'inaugurazione della mostra Ecce Homo sulla
condizione umana attraverso la scultura figurativa, si
avvertirono le scosse più forti del terremoto che stava
investendo la regione. "Da quel trauma abbiamo esteso il raggio
al rapporto tra l' umanità e il pianeta, totalmente messo in
discussione dal Covid. L'arte ne diventa una chiave di lettura
indispensabile". Quella mostra ha lasciato un segno tangibile
ad Ancona, il grande Cavallo Rosso di Mimmo Paladino, installato
su un angolo delle mura della Mole da allora divenuto simbolo e
presenza familiare. (ANSA).
