TORINO - Gli scatti più famosi sono quelli che ritraggono le star del cinema, da Marlene Dietrich a Marilyn Monroe, da Joan Crawford a Orson Welles, ma ci sono anche i grandi reportage d'inchiesta sulle rivendicazioni degli afroamericani e sull'emancipazione femminista. Eve Arnold - prima donna, insieme a Inge Morath, a far parte della agenzia Magnum Photos nel 1951 - è una leggenda della fotografia. E' lei la protagonista della nuova mostra di Camera - Centro Italiano per la Fotografia di Torino, dal 25 febbraio al 4 giugno dopo il successo di Robert Doisneau.
L'esposizione 'Eve Arnold. L'opera 1950-1980', curata da Monica Poggi e realizzata con Magnum Photos, si compone di circa 170 immagini, molte mai esposte finora, e presenta l'opera completa della fotografa dai primi scatti in bianco e nero della New York degli anni Cinquanta fino agli ultimi lavori a colori della fine del secolo. Gli scatti più noti sono quelli che hanno come soggetto Marilyn Monroe con la quale stringe un vero e proprio sodalizio artistico: immagini passate alla storia per aver raccontato la personalità dell'attrice celata dietro alla facciata da diva. Iconico anche il ritratto di Malcolm X, che le concede di seguirlo durante i raduni dei Black Muslims.
"Questa mostra è l'occasione per rinnovare la collaborazione con Magnum Photos che ha aperto le porte alle donne proprio con Eve Arnold, e per continuare il racconto dei grandi fotografi che hanno fatto la storia del Novecento, proponendone una lettura contemporanea" spiega il presidente di Camera, Emanuele Chieli, che ha annunciato per il 2023 le mostre di altri due big, Dorothea Lange e André Kertesz.
La carriera di Arnold è un inno all'emancipazione femminile.
I suoi soggetti sono nella maggior parte dei casi donne: lavoratrici, madri, bambine, dive, suore, modelle, studentesse.
Il suo primo lavoro è un reportage dai toni densi e fumosi dedicato alle sfilate di moda di Harlem, organizzate nella totale indifferenza del mondo della moda bianca. Ci sono anche le fotografie intime e delicate realizzate nei reparti di maternità degli ospedali di tutto il mondo, soggetto a cui ritorna per esorcizzare il dolore subito con la perdita di un figlio nel 1959. "Metaforicamente parlando il suo lavoro cade a metà fra le gambe di Marlene Dietrich e la vita amara dei lavoratori migranti nei campi di patate" ha affermato Robert Capa.
La mostra, attenta alle tematiche dell'accessibilità, propone un percorso tattile, la trasposizione audio dei testi di sala, un video introduttivo in lingua dei segni. Giovedì 2 marzo alle 18.30 ci sarà il primo incontro per "I Giovedì in Camera" con Simonetta Agnello Hornby, amica della Arnold che racconterà la grande fotografa da un punto di vista personale.
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