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La prima pelle di rettile ricostruita in laboratorio

La prima pelle di rettile ricostruita in laboratorio

È di una tartaruga marina, aiuterà a studiare il virus che la minaccia

30 giugno 2017, 14:38

Redazione ANSA

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E ' di una tartaruga la prima pelle di rettile ricostruita in laboratorio (fonte: Thierry Work, USGS) - RIPRODUZIONE RISERVATA

E ' di una tartaruga la prima pelle di rettile ricostruita in laboratorio (fonte: Thierry Work, USGS) - RIPRODUZIONE RISERVATA
E ' di una tartaruga la prima pelle di rettile ricostruita in laboratorio (fonte: Thierry Work, USGS) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La prima pelle di rettile ricostruita in laboratorio appartiene alla tartaruga verde, una tartaruga marina a rischio di estinzione: lo scopo è studiare un virus che la minaccia e cercare una cura. La pelle sintetica, descritta sul Journal of Virology, è stata ottenuta dal gruppo di ricerca internazionale coordinato dal Servizio Geologico degli Stati Uniti (Usgs). Dopo averla ottenuta, i ricercatori vi hanno fatto crescere il virus chiamato ChHV5 che in natura causa grossi tumori alle tartarughe di tutto il mondo. I risultati potrebbero aiutare a comprendere meglio anche virus simili che attaccano l’uomo. 

Il virus ChHV5 è molto aggressivo: causa grossi tumori che attaccano soprattutto pelle, occhi e bocca delle tartarughe, ma anche gli organi interni e il sistema immunitario, portando ad altre infezioni e spesso alla morte. È diffuso in tutto il mondo, ma è particolarmente presente alle Hawaii, in Florida e in Brasile.


Anche se l’esistenza del virus è nota da più di vent’anni, l’impossibilità a farlo crescere in laboratorio ha impedito di capire in che modo provoca i tumori e ha ostacolato lo sviluppo di una semplice analisi del sangue per individuarlo. I ricercatori, guidati da Thierry Work, hanno usato cellule della pelle di tartarughe verdi sane e infette, per ricostruire la complessa struttura tridimensionale della pelle di questi rettili e per poi farci crescere sopra il virus. In questo modo, hanno avuto l’opportunità di osservarne da vicino la crescita e la replicazione con una precisione senza precedenti.

Lo studio ha fatto fare un grosso passo avanti nella lotta a questa malattia virale, che minaccia specie già in grosso pericolo di estinzione. Infatti, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), considera a rischio quasi tutte le specie di tartarughe marine, a causa della perdita degli habitat in cui depongono le uova, la distruzione dei nidi e la cattura accidentale da parte dei pescatori.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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