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Brexit, Case auto Gb dovranno fronteggiare molte difficoltà

Dai dazi a rallentamento logistica. Cambiano anche omologazioni

Redazione ANSA ROMA

Anche se verranno evitati dazi eccessivi e quelle che la Society of Motor Manufacturers and Traders (SMMT) definisce 'barriere nascoste dietro ai confini', la situazione dell'industria automobilistica britannica da domani non sarà più la stessa. L'uscita dalla Ue comporterà una lunga serie di cambiamenti, a partire dalla omologazione dei nuovi modelli che dovrà essere ripetuta, per le auto che nascono in Gb, anche in un Paese dell'Unione. E' evidente che i prossimi mesi dovranno essere utilizzati proprio per trovare soluzioni 'concordate' a questo e altri nuovi ostacoli - come la grande complicazione della logistica verso gli stabilimenti oltre la Manica, oggi fluida e dal dopo Brexit fortemente rallentata dai controlli doganali. Tutti i costruttori presenti in Gb - PSA, Ford, Nissan, Honda, Bmw (con Mini e Rolls Royce), Aston Martin (legata per le forniture a Mercedes), Bentley (Gruppo Volkswagen), Toyota e Jaguar Land Rover (Gruppo Tata) - hanno studiato e attivato piani di emergenza, in vista di un aggravamento delle difficoltà soprattutto per i tempi di arrivo della componentistica dalla Ue. Secondo i dati ACEA, il flusso di parti proveniente dall'Europa verso la GB vale 11,4 miliardi di euro, il 78,8% del totale di importazioni in questo ambito. Tra i più a rischio vi è Jaguar Land Rover, che ha necessità di stoccare decine di milioni (in valore) di parti e componenti. Ma anche Mini, che riceve ogni giorno 80 Tir con le parti fabbricate nella Ue, potrebbe soffrire di stop delle linee e magari decidere di spostare in altre fabbriche quote della produzione. Per non parlare, poi, della 'regina' delle automobili britanniche, quella Rolls-Royce (Gruppo Bmw) che per i suoi diversi modelli super lusso utilizza il 92% di parti provenienti dall'estero.

Aston Martin ha aumentato lo stock da due a cinque giorni lavorativi e ha studiato itinerari alternativi per far arrivare parti (motori AMG compresi) dalla Germania senza incappare nelle dogane più intasate. E' poi davvero critica la situazione di Nissan a Sunderland, il maggiore stabilimento del Paese: le affermazioni della dirigenza a fine 2019 erano state chiare: ''Se dovessimo sostenere il 10% di dazi all'esportazione sulle auto che mandiamo verso l'UE, e sapendo che tali veicoli rappresentano il 70% della produzione totale, il modello di business globale non sarà più sostenibile''. Honda, che ha comunque deciso di chiudere lo stabilimento di Swindon nel 2021 lasciando a casa 3.500 persone, sta rivedendo i programmi attuali che prevedono 160mila Civic prodotte annualmente di cui il 90% per l'export. Prospettive decisamente negative nel post Brexit anche per Ford che potrebbe decidere - nell'ambito del suo piano di ristrutturazione - di fermare la produzione nei tre stabilimenti in Gran Bretagna, spostandola in qualche impianto nell'Europa continentale e mantenere solo il grande centro ricerche.

Resta comunque la spada di Damocle rappresentata dai possibili aumenti dei costi industriali e, quindi, dei prezzi finali al consumatore, anche perché - lo ricorda SMMT - le varie Case dovranno recuperare i 500milioni di sterline (595 milioni di euro) spesi fino ad oggi per prepararsi alla Brexit. 

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