La Commissione Ue ha inviato una lettera di messa in mora in cui chiede all'Italia di dare una risposta alle preoccupazioni sull'adozione di misure insufficienti per quanto riguarda le strategie di controllo delle emissioni usate dal gruppo Fiat Chrysler Automobiles. In base alle regole Ue, infatti, spetta alle autorità nazionali verificare che un tipo di automobile soddisfi tutte le norme prima che sia immesso sul mercato. Se un costruttore viola le regole, le autorità nazionali devono adottare misure correttive, come per esempio ordinare un richiamo, e applicare sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive stabilite nella legislazione nazionale.
Il caso nasce dalle informazioni portate a conoscenza della Commissione nel contesto del processo di mediazione tra Italia e Germania richiesto dal Ministero dei Trasporti tedesco nel settembre 2016 sulle le emissioni di ossidi di azoto (NOx) prodotte dal modello Fiat 500X omologato dall'Italia. La normativa Ue vieta l'uso di impianti di manipolazione come software, timer o finestre termiche che portano a un aumento delle emissioni fuori dal ciclo di prova, salvo se necessari per proteggere il motore. Come la Commissione ha più volte evidenziato, questa è un'eccezione al divieto ma come tale va interpretata in maniera restrittiva. Bruxelles, quindi, chiede ora all'Italia di rispondere alle sue preoccupazioni sull'insufficiente giustificazione fornita dal Fca in merito alla necessità tecnica - e quindi alla legittimità - dell'impianto di manipolazione usato, e di chiarire se l'Italia è venuta meno al suo obbligo di adottare misure correttive per quanto riguarda la Fiat 500X e di imporre sanzioni a Fca. Ora l'Italia ha due mesi di tempo per rispondere, o proseguirà la procedura d'infrazione.
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