"Un linguaggio che non riflette le condizioni su cui siamo d'accordo", sottolinea. Il richiamo di Draghi al Segretario al Tesoro Usa fa il paio con quello del direttore del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, che alcune ore prima a Davos aveva chiesto chiarimenti a Mnuchin, ricordandogli che "il valore del dollaro viene deciso dal mercato". Nel corso della conferenza Draghi ribadisce per l'ennesima volta che "i tassi di cambio non sono un obiettivo" della Bce, sebbene "ampi movimenti possono avere effetti" sulla stabilità dei prezzi ma "è ancora troppo presto" per valutare l'impatto del supereuro sull'inflazione. Tuttavia "la recente volatilità nei tassi di cambio rappresenta una fonte di incertezza che richiede attenzione", mette in guardia Draghi. E la moneta unica nel frattempo vola oltre la soglia di 1,25 dollari per la prima volta da dicembre 2014. Come previsto, nella riunione odierna Francoforte ha lasciato i tassi fermi, con quello principale a zero, assicurando che resteranno sui livelli attuali per un periodo prolungato di tempo e "ben oltre l'orizzonte degli acquisti netti di attività", ossia del programma di Quantitative easing (Qe), che da questo mese continuerà al ritmo ridotto di 30 miliardi di titoli acquistati al mese fino a settembre 2018, o anche oltre se necessario. "Acquisti che non favoriscono nessun Paese", sottolinea ancora una volta Draghi. "La crescita dell'Eurozona è robusta, migliore del previsto. Abbiamo rischi al ribasso legati a fattori globali e ai tassi di cambio ma questi rischi sono tuttavia ampiamente equilibrati", spiega il presidente della Bce, invitando però a restare con i piedi per terra perché "non possiamo ancora cantare vittoria".
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