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Magistrato Morici, se anche il Papa scende in campo contro la corruzione

"Ha la stessa capacità aggressiva della violenza"

Redazione ANSA ROMA

(ANSA) - ROMA - "Sui maggiori quotidiani italiani sono stati ampiamente riportati stralci della prefazione di Papa Francesco al libro del Cardinale Turkson sul tema della corruzione, piaga che una società distratta, e a volte connivente, contribuisce ad alimentare con azioni ed omissioni. Oggi in Italia sembra quasi che la corruzione sia vissuta al tempo stesso come male da combattere ma anche come pratica quotidiana per acquisire o mantenere potere o ricchezza. Le scuole con gli insegnanti sono in prima linea nella lotta alla corruzione. I giovani però, fuori dalla scuola, sono i più fragili, i primi a soccombere alla violenza della corruzione. Si, perchè la corruzione ha la stessa capacità aggressiva e corrosiva della violenza, come ben sanno e praticano le organizzazioni mafiose".  A scriverlo è il giudice in pensione Ernesto Morici, che nel corso della sua carriera tra la Sicilia, la Calabria e la Toscana, si e' a lungo occupato di criminalita' organizzata, di reati contro la Pubblica amministrazione, di due maxiprocessi alla 'ndrangheta (ai clan Piromalli e Pesce) ed e' stato il primo in Italia ad applicare la legge sul sequestro dei beni ad imputati per mafia, la Rognoni-La Torre, che nel 1982 introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di "associazione di tipo mafioso" (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all'accumulazione illecita di capitali.
 
"Se nelle scuole si studia la corruzione come negatività, spesso nella società i giovani vedono la corruzione premiare chi vi ricorre.
Traguardi politici e professionali sono spesso raggiunti con il ricorso alla corruzione, mortificando le aspettative degli onesti.
Processi e sentenze di condanna non hanno impedito il moltiplicarsi di fenomeni corruttivi individuali, familistici, mafiosi.
In passato magistrati, studiosi e politici hanno indicato ragioni della corruzione e disfunzioni dello Stato, prospettando anche soluzioni, ma spesso sono rimasti ignorati o inascoltati.
Anche sacerdoti in prima linea sono stati martiri della ferocia mafiosa.
La stessa democrazia è a rischio quando la corruzione investe magistrati, politici, sacerdoti e quanti dovrebbero dare l’esempio in quanto istituzione laica o religiosa.
E dunque ancora una volta i giovani si trovano a vivere la contraddizione devastante tra chi le soluzioni le offre e chi invece con azioni, omissioni e ritardi favorisce la crescita del male, venendone anche ricompensato in termini di potere e/o di ricchezza", prosegue il magistrato.
"Ai richiami del Presidente Mattarella si aggiunge oggi, e non è il primo, questo messaggio del Papa cristiano.
All’appello “Convertitevi” di Giovanni Paolo II, rivolto ai mafiosi e rimasto inascoltato, Papa Francesco fa seguire un invito: mobilitiamoci tutti nella lotta alla corruzione.
Nel primo caso i mafiosi, nemici dell’ordine sociale, si potevano anche permettere di ignorare l’appello del Pontefice.
Quell’ appello quasi urlato servì comunque a delimitare il campo: da un lato i buoni dall’altro i mafiosi. Immagini, altari e rituali para religiosi e para cristiani appartenevano ed appartengono ad un mondo che niente ha a che fare con la società onesta.  I cattolici, i credenti in generale ed anche i laici in quanto tutti espressioni di una stessa comunità sociale non possono oggi ignorare le considerazioni di Papa Francesco.
I credenti, forti della loro fede, devono rifuggire da comportamenti eticamente non condivisibili e comprendere che non potrà mai essere il perdono cristiano ad assolvere su questa terra i corrotti, cristiani e non, che rubano il futuro dei giovani. Ignorare il problema o pensare che tocchi ad altri agire contro la corruzione è colpevole collateralismo, è un modo per legittimare la corruzione.
I sacerdoti, per i quali si può prospettare un dovere evangelico, ma anche le istituzioni e i cittadini debbono e possono dare un contributo per una crociata contro la corruzione: una crociata che sia costruita sull’educazione ai comportamenti etici, sulla solidarietà con il prossimo e sulla corretta formazione politica delle classi dirigenti.
Non far seguire comportamenti individuali e condotte politiche adeguate significherebbe disertare.
Quello del Papa a me appare come un invito a combattere tutti insieme “questa forma di bestemmia, questo cancro che logora la società”.
E`augurabile che nelle chiese, nelle omelie, sui luoghi di lavoro, nelle assemblee sindacali, nelle discussioni politiche, nei social e dunque sia in luoghi e momenti particolarmente significanti e aggreganti che nelle pratiche di tutti i giorni questo messaggio trovi ampio spazio".
"Forse qualcuno dovrà rivedere il proprio modo di relazionarsi con il prossimo perchè tutti saremo chiamati ad un serio processo di valutazione dei comportamenti nostri e dei nostri amici.
Chi lo ha già fatto, credente o laico, non può che essere felice d`avere un compagno di squadra come Papa Francesco.
Perdonare ed assolvere il peccato può essere materia di fede, assolvere o condannare i colpevoli su questa terra può essere un problema legislativo e di applicazione delle leggi, ma individuare e perseguire come negativa la corruzione è un imperativo categorico per tutti i cittadini a qualsiasi livello di resposabilità possano essere coinvolti: individuale, sociale e politica.
I giovani ci osservano e la discesa in campo del Papa non consente alibi per sfuggire alle responsabilità", conclude Morici.

 

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