La sanità in Belgio parla sempre
meno francese o fiammingo, sempre più italiano e spagnolo. E
scoppiano polemiche politiche sulla mobilità del lavoro
garantita dalle regole Ue, che hanno ispirato il titolo di
apertura della prima pagina dell'edizione online e cartacea del
quotidiano 'Le Soir', il più prestigioso del paese, perché la
leader del partito popolare (Cdh) ha diffuso i dati di un
rapporto riservato del ministero della sanità, chiedendo
l'introduzione di test - attitudinali e/o linguistici - che
possano riaprire le porte a neomedici e infermieri belgi,
attualmente limitati da rigidi 'numeri chiusi'.
"Numeri Inami: il 41,1% a stranieri" è il titolo de Le Soir
di oggi, che parte dal dato principale del rapporto della
cellula di pianificazione della Spf Santé Publique (il ministero
della sanità belga) reso pubblico da Catherine Fonck, capogruppo
alla Camera della Cdh: nel 2015, nella comunità francofona il
41,1% dei 'numeri Inami' (le licenze che permettono di
esercitare la professione nel paese) sono andati a medici che
non hanno studiato o conseguito l'abilitazione in Belgio, con
gli italiani al primo posto davanti a francesi, olandesi e
spagnoli. In termini assoluti, delle 649 nuove licenze
rilasciate in Vallonia lo scorso anno, 382 sono andate a belgi
francofoni, 247 stranieri (in maggioranza italiani) e 20 a
persone proveniente da paesi non Ue. A livello nazionale, ovvero
sommando la parte fiamminga del paese, la percentuale scende al
28,1%, ma era al 19,7% nel 2011. Un aumento di quasi il 50% in
appena cinque anni. Passando ai dentisti, gli stranieri
diventano maggioranza assoluta nella comunità francofona (56,1%
nel 2015) e circa uno su due nell'insieme del paese (44,2%).
All'origine del fenomeno, le regole europee sulla libera
circolazione dei lavoratori che vietano l'imposizione di limiti.
"Le quote sono solo per i belgi. Così finiamo per porre handicap
ai nostri giovani mentre gli europei non belgi non hanno
limitazioni" ha tuonato Fonck, chiedendo da una parte la
revisione dei 'numeri chiusi' universitari, dall'altra test che
facciano da filtro all'afflusso. "Non possiamo continuare ad
accettare tanti medici e dentisti dall'estero senza essere
esigenti sulla qualità delle cure in grado di fornire" ha
aggiunto Fonck chiedendo almeno l'introduzione di test
linguistici. "Una direttiva europea lo permette, l'abbiamo
trasposta ma mai utilizzata in Belgio" ha concluso Fonck.
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