Le misure Ue anti-Xylella che
l'Italia ha applicato in Puglia, inclusa l'eradicazione delle
piante, sono valide. Non c'è infatti nessuna contraddizione tra
l'abbattimento e le ulteriori ricerche scientifiche e
trattamenti fitosanitari preventivi, mentre sebbene Bruxelles
non lo specifichi c'è il diritto all'indennizzo per chi perde le
piante, a cui deve però provvedere l'Italia. Sono le conclusioni
dell'avvocato generale della Corte Ue Yves Bot, che ha esaminato
con una procedura accelerata la richiesta presentata dal Tar del
Lazio, a cui hanno fatto ricorso diversi proprietari di fondi
agricoli pugliesi. Le conclusioni dell'avvocato generale non
vincolano la Corte di giustizia, ma di norma vengono seguite in
occasione della sentenza, che verrà annunciata prossimamente in
data però ancora da comunicare.
Lussemburgo "non ha ravvisato l'esistenza di una
contraddizione tra le misure che impongono l'abbattimento e
ulteriori ricerche scientifiche e trattamenti fitosanitari
preventivi": la decisione della Commissione Ue del 18 maggio
dell'anno scorso, infatti, impone allo Stato membro di
"campionare ed esaminare le piante specificate nel raggio di 100
metri attorno a ciascuna delle piante infette" e di "eseguire
opportuni trattamenti fitosanitari contro i vettori e le piante
che possono ospitare i vettori", trattamenti che possono
includere, eventualmente "la rimozione delle piante".
Inoltre "non è stata rilevata", per l'avvocato, "una
violazione dei principi di precauzione, adeguatezza e
proporzionalità", anche perché la Commissione si è rifatta a un
parere dell'Efsa sulla Xylella del 6 gennaio 2015 che ha "messo
in evidenza l'esistenza di un rischio almeno potenziale" e
"pertanto sufficiente a giustificare l'adozione di tali misure".
Di conseguenza, sottolinea Bot nelle sue conclusioni,
"nonostante non sia certo che le misure in questione possano
arrestare definitivamente e completamente la dispersione del
batterio, le stesse appaiono comunque idonee a limitare questo
rischio". E il fatto che le misure non riguardino la provincia
di Lecce, la più colpita, "è conseguenza dell'impossibilità di
un'eradicazione del batterio in una zona oggetto di una tale
diffusione, e della posizione della provincia di Lecce,
circondata dal mare - fatta eccezione per la sua frontiera
settentrionale - posizione per la quale appaiono più idonee
altre misure di contenimento".
Infine, l'avvocato generale ha affermato che "è competenza degli
Stati membri l'istituzione di un regime che conceda ai
proprietari dei fondi interessati un indennizzo ragionevolmente
commisurato al valore delle piante distrutte". Quindi "un
diritto all'indennizzo sussiste", e questo "nonostante il
silenzio sul punto della decisione della Commissione".
Da qui la proposta di riposta al Tar del Lazio in questi
termini: l'articolo 6 delle misure anti-Xylella di maggio
dell'anno scorso "deve essere interpretato nel senso che la
misura della rimozione delle piante" allora "deve essere
applicata dallo Stato membro in questione dopo l'esecuzione dei
trattamenti fitosanitari contro i vettori del batterio
previsti". Di conseguenza "l'esame delle questioni sollevate non
ha rivelato alcun elemento idoneo ad inficiare la validità"
delle misure Ue.
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