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Per il Chianti un giugno da record, +10% vendite

Ma incognite su ritardi contributi internazionalizzazione

Redazione ANSA FIRENZE

(ANSA) - FIRENZE, 3 LUG - Un giugno da record, il migliore dal 2013, per il Chianti Docg che ha fatto registrare un +10% di vendite rispetto allo stesso periodo del 2016. Sono infatti 63 mila gli ettolitri venduti per un numero complessivo di 8,2 milioni di fascette. Il dato, spiega una nota, è stato reso noto in occasione dell'Assemblea generale dei soci convocata a Firenze per presentare la relazione delle attività svolte dal Consorzio, il bilancio consuntivo 2016 e per l'approvazione del bilancio preventivo 2017.

Il trend rispetta un bimestre positivo che che aveva segnato il +2,7% di vendite nel mese di maggio. Nell'occasione sono stati resi noti anche i dati relativi alla vendemmia del 2016 che ha visto un raccolto di 1,2 milioni di quintali d'uva su una superficie di 14 mila ettari con una produzione totale di 866 mila ettolitri di vino.

"E' un dato che ci conforta - spiega Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti - i numeri sono però ancora molto lontani rispetto a qualche anno fa. Anche se possiamo essere felici di vedere i risultati delle scelte delle nostre aziende di investire nella ristrutturazione dei vigneti e del consequenziale aumento della qualità del nostro prodotto, è evidente che dobbiamo fare ancora di più per essere competitivi all'interno di un mercato globale dove la concorrenza è sempre più agguerrita". "E per esserlo - dice ancora - dobbiamo essere ancora più presenti all'estero e investire di più in promozione.

Questo significa per le nostre aziende poter contare su una programmazione che ad oggi nel nostro Paese è ancora difficile se non impossibile da attuare". Secondo Busi "gli Ocm Vino, i finanziamenti e contributi per le aziende vitivinicole emessi attraverso bandi dal ministero per le Politiche agricole e da ogni Regione, sono infatti oggetto di forti ritardi. Difficile immaginare di rilanciare il nostro prodotto nel mondo se il primo a bloccarci è proprio il sistema burocratico italiano ben distante dalla realtà in cui versano molte imprese".

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