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Grano: export Brasile +230%, giù Italia Paese trasformatore

Nomisma, bilancia commerciale agroalimentare tornata in negativo

Redazione ANSA ROMA

Il Brasile è il Paese che ha guadagnato di più dalle tensioni geopolitiche e dalle avversità climatiche che hanno condizionato lo scenario globale, mettendo a segno una crescita a valore del proprio export agroalimentare di oltre il 50%, più di 126 miliardi di euro, secondo posto assoluto dopo gli Usa. Lo scatto in avanti è stato proprio per il mais (+230%), per il quale l'Italia, invece, ha registrato nello stesso anno un raccolto più basso del 24% rispetto alla media 2017-2019, praticamente pari alla metà rispetto al picco avuto nel 2014; e questo complice la perdurante siccità che ha interessato le zone più vocate. E' quanto emerge dal VII Forum Agrifood Monitor organizzato da Nomisma in collaborazione con Crif, nato per comprendere le possibili evoluzioni della filiera agroalimentare.

"La fiammata nei prezzi ha favorito gli esportatori di commodities agricole, penalizzando invece i trasformatori come l'Italia - sottolinea Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma - basti pensare che, mentre il Brasile ha ottenuto un surplus nella bilancia commerciale agroalimentare di 113 miliardi di euro contro i 73 dell'anno precedente, l'Italia dai 4 mliardi di euro del 2021 è tornata in negativo, dopo diversi anni di avanzo, di 1,4 miliardi di euro. Per l'Italia, quando si parla di autosufficienza delle filiere, la questione non riguarda solo il mais, visto che per il frumento, l'orzo, la soia, e carni e oli vegetali ma anche latte, zucchero e frutta in guscio, il fabbisogno risulta superiore alla produzione nazionale. Alla luce del gap nella disponibilità di materie prime agricole, anche le importazioni sono parallelamente cresciute e la dipendenza dell'Italia dall'estero pone il Paese in una condizione di maggior precarietà e debolezza in contesti di estrema volatilità sia dei prezzi sia degli scambi commerciali come quello attuale. 

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