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Ucraina: per il 'Bike chef' la pace con la Russia passa dal borsch

Sabatini, quando Mosca ammetterà che è piatto tradizione ucraina

Redazione ANSA ORVIETO (TERNI)

 "La pace tra Russia eUcraina passa dal borsch, la tipica zuppa di barbabietole rosse e panna acida. Quando Mosca ammetterà che è un piatto della tradizione ucraina e non russa, sarà l'inizio della vera indipendenza di Kiev": a dirlo all'ANSA è Cristiano Sabatini, più noto sui social come Bike chef, cuoco orvietano di 50 anni, divenuto popolare per i suoi viaggi estremi in bicicletta all'insegna della cucina e in particolare della carbonara. Dopo averla cucinata sull'Everest o al circolo polare artico, nel novembre scorso l'ha preparata a Chernobyl, nel mezzo del suo ultimo viaggio proprio in terra Ucraina. Qui, in compagnia di tre amici, Sabatini ha pedalato per cento chilometri da Kiev fino a raggiungere la cittadina tristemente nota per il disastro della centrale nucleare. "E' stato un viaggio al confine con la realtà, toccare con mano certe situazioni, entrare nella cosiddetta 'zona di esclusione' che si estende per 30 chilometri intorno ai resti della centrale, è davvero toccante", racconta il cuoco giramondo. "Ma, forse, a far più male - aggiunge - è sapere che questo popolo si sente perennemente a rischio guerra con i cugini russi". "Ovviamente quando dico che la pace passa per la zuppa riduco tutto alla diaspora culinaria - spiega Sabatini - ma vi assicuro che in quel piatto ci sono tutte le contraddizioni, le tensioni e le distanze mai superate tra le due nazioni". "Parlando con la gente del posto si capisce bene che gli ucraini hanno forte il desiderio di autonomia e libertà, e non accettano e non accetteranno mai il tentativo russo di continuare a tenere unite le sorti dei due Paesi", racconta Sabatini. "Ecco, riconoscere da parte di Mosca che il borsch è un piatto ucraino, sarebbe come riconoscere l'identità di un'intera nazione e quindi lasciarla libera al suo destino e non continuarla a usare per strategie geopolitiche".

"A novembre - racconta ancora lo chef - non c'era ovviamente la situazione che si è venuta a creare negli ultimi giorni, ma le persone ci raccontavano che loro la guerra con la Russia la combattono tutti i giorni e sono davvero pronti in ogni momento a imbracciare i fucili per difendere la loro indipendenza.

Nonostante la bellezza e la particolarità dei luoghi questo viaggio non è stato spensierato come gli altri fatti. La carbonara atomica, così ribattezzata, l'ho preparata in casa di un'anziana signora che vive dentro la zona radioattiva, tra Chernobil e Prypjat, mettendoci i prodotti tipici del territorio come appunto le barbabietole e al posto del guanciale ho usato il salo (il lardo ucraino) per poi sfumare con la la vodka". "Ma nonna Maria - conclude il cuoco - dopo averla guardata si è rifiutata di assaggiarla, dicendo: manca il brodo per essere un buon borsch. Già, perché qui, prima di tutto, contano solo le radici della propria identità e non c'è carbonara che tenga. La Russia è avvertita". 

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