- ROMA- In Gran Bretagna food and wine italiani sono richiestissimi (è il secondo mercato europeo dopo la Germania e quarto mondiale), con una crescita di domanda che non ha avuto sosta neanche negli anni di crisi: l'export dell'industria alimentare italiana ha raggiunto nel 2015 i 2.813 milioni, con una crescita del +56,4% sul 2007. Il valore di tutto l'agroalimentare esportato di è attestato nel 2015 su 3.221 milioni di euro, con i prodotti lattiero caseari, ortofrutta, vino e spumanti a trainare le richieste. In caso di uscita dalla Ue, per autorevoli rappresentanti del made in Italy agroalimentare come Federalimentare, Coldiretti e Alleanza delle coop agroalimentari, i rischi - è la loro analisi per l'ANSA - sarebbero marginali, legati in lunga prospettiva alla leggera perdita di velocità del Pil inglese, e quindi alla minore dinamica della capacità di acquisto locale. Mentre nel breve periodo si dovrebbe assistere alla perdita di valore della sterlina sull'euro (che potrebbe avvicinarsi a un rapporto paritario 1 a 1), con conseguente penalizzazione dei prezzi all'import. Anche Sace rassicura: "i prodotti alimentari, vista la loro natura - sottolinea un rapporto - continueranno con un andamento positivo".
"Se vince l'uscita dall'Ue, chi avrà la peggio nell'agroalimentare saranno gli inglesi non noi", afferma Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare. Anche in caso di Brexit, secondo Scordamaglia, la domanda di prodotti alimentari italiani non verrà meno e "non va inoltre dimenticato che nel campo delle politiche agricole comunitarie il Regno Unito ha sempre preso molte più risorse di quelle che ha versato". "E' probabile che la Gran Bretagna abbia da perdere molto piu' dell'Italia", fa eco Coldiretti nel sottolineare che la Gran Bretagna riceve il 7% delle risorse destinate alla politica agricola dall'Unione Europea e si posiziona al sesto posto nella classifica dei maggiori beneficiari, nonostante sia al 13esimo posto come numero di aziende agricole che sono circa 187mila. Sulle eventuali conseguenze della Brexit il presidente dell'Alleanza delle Cooperative agroalimentari, Giorgio Mercuri dichiara che "è da escludere l'apposizione di dazi, mentre bisognerà fare i conti con l'impatto di eventuali modifiche in merito al riconoscimento delle denominazioni di qualità. Un aspetto chiave per la cooperazione, che è leader in queste produzioni".