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Italiani via da Wuhan, dubbi sul piano d'evacuazione

Non convince la quarantena in un ospedale cinese fuori da Hubei

Redazione ANSA ROMA



Anche l'Italia, come altri Paesi, sta predisponendo la possibile evacuazione dei connazionali che si trovano nell'area di Wuhan, epicentro dell'epidemia di coronavirus: un'ipotesi allo studio è il trasferimento via terra, a condizione di restare in osservazione per i successivi 14 giorni in un ospedale cinese di una regione più sicura. Ma la prospettiva di una quarantena non convince i connazionali. Sono una cinquantina gli italiani attualmente presenti nella città focolaio della malattia e in tutta la regione di Hubei.

L'ambasciata a Pechino, in raccordo con l'Unità di Crisi della Farnesina, è in contatto con tutti per conoscere le loro intenzioni. Per chi deciderà di andarsene, il piano prevede un trasporto in autobus a Changsha, capitale della provincia dello Huhan, a 350 km circa di distanza da Wuhan. Una volta arrivati a destinazione, sarebbero trasferiti in un ospedale per un periodo di osservazione di due settimane, tempo necessario per il decorso dell'incubazione del virus.

Il capo dell'Unità di Crisi Stefano Verrecchia ha chiarito che la quarantena, che sarebbe sia in uscita ma anche in entrata da Wuhan, è "un'ipotesi allo studio dell'Italia con gli altri partner". Ed in ogni caso l'evacuazione dei connazionali sarebbe possibile soltanto dopo l'autorizzazione delle autorità cinesi. Per coloro che invece scelgono di restare, Verrecchia ha spiegato che l'ambasciata a Pechino "sta provvedendo a tutte le misure del caso" per fornire loro assistenza. Tra i connazionali di Wuhan in queste ore c'è incertezza sul da farsi. La maggioranza di loro ha espresso dubbi. C'è "scarsa chiarezza sulle mosse successive. E se fosse un ospedale militare per la quarantena cosa succederebbe dopo?", dice all'ANSA uno di loro.

"La sensazione - osserva un altro, ammettendo gli sforzi della Farnesina - è che la Cina non voglia rompere il fronte del divieto di lasciare la città". Inoltre, si ragiona, un trasporto in autobus è considerato "rischioso" e quindi in molti preferirebbero, senza un percorso più chiaro, restare chiusi in casa a Wuhan. Ai piani di evacuazione hanno iniziato a lavorare per primi gli Stati Uniti, il primo Paese fuori dall'Asia in cui si sono registrati dei casi di coronavirus. Washington ha in mente un ponte aereo per i circa mille americani presenti nella provincia di Hubei, incluso il personale diplomatico, e l'obiettivo è farli partire martedì. Sempre che Pechino decida di autorizzarlo. Lo stesso sta facendo Tokyo. Per i circa 700 giapponesi presenti a Wuhan che volessero partire, il governo metterà a disposizione degli aerei. Anche Parigi è in contatto con Pechino per preparare l'evacuazione dei circa 500 francesi che si trovano in città e nelle aree limitrofe.

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