La minaccia per le mangrovie del Sud-est asiatico derivante dallo sviluppo di piantagioni di riso e palme da olio è stata sottovalutata. Lo suggerisce un nuovo studio dell'Università di Singapore pubblicato su Pnas, secondo il quale tali piantagioni tra il 2000 e il 2012 hanno usurpato il 38% delle foreste di mangrovie.
Per monitorare i terreni e procedere alle comparazioni gli scienziati hanno usato anche i dati di Google Earth e quelli forniti dall'Università del Maryland e dallo Us Geological Survey. L'acquacoltura, spiega al sito della Bbc Daniel Richard, della National University di Singapore, co-autore dello studio, "è stata a lungo ritenuta responsabile della deforestazione delle mangrovie, in particolare in Paesi come Thailandia e Filippine". "Il nostro studio ha scoperto invece che mentre l'acquacoltura è una causa importante, nel Sud-est asiatico tra il 2000 e il 2012 questa aveva sostituito solo il 30% delle mangrovie disboscate". L'impatto di altri fattori, come la coltivazione di riso e palme da olio, prosegue Richards, "è stato maggiore di quanto ci aspettavamo". Ad esempio nel periodo di tempo preso in esame 25mila ettari di mangrovie in Myanmar sono stati convertiti in campi di riso, sottolinea lo scienziato. Mentre il 16% di tutte le mangrovie disboscate nel Sud-est asiatico è stato sostituito con piantagioni di palme da olio.
Le foreste di mangrovie sono considerate vitali per diversi motivi: riescono ad assorbire quantità di carbonio pari a 3-5 volte quelle di altri tipi di foreste, giocando un ruolo importante nell'impatto dei cambiamenti climatici. Senza contare il loro fondamentale ruolo "tampone" naturale: contribuiscono a ridurre i danni causati da tsunami, uragani e altre tempeste.