Quotidiano Energia - La disciplina delle opere di sbarramento idrico, come nel caso delle dighe, “assegnate alle Regioni in base alla loro dimensione, non può prevedere la sanatoria di opere che siano state realizzate in mancanza dell’autorizzazione paesaggistica o in difformità dalla stessa”.
È quanto stabilito dalla sentenza n. 201 della Corte costituzionale, depositata giovedì e segnalata anche in Parlamento, con cui si dichiara l’incostituzionalità dell’articolo 11 della legge veneta n. 23/2020 con cui “la Regione aveva consentito ai proprietari o ai gestori di dighe precedentemente ‘non denunciate’ o ‘realizzate in difformità dai progetti approvati’ di regolarizzarle”, spiega un comunicato della Corte.
Ciò, comunque, “pur ribadendo la competenza delle Regioni in materia di opere di sbarramento idrico di minori dimensioni”.
Con la sentenza n. 201, infine, si dichiara “l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1” della medesima L.R. veneta, “nella parte in cui prevede che l’ambito applicativo della legge sia limitato agli sbarramenti ed ai manufatti di qualsiasi tipo e forma in alveo e fuori alveo, anche temporanei, che non superino i 15 metri di altezza o che determinino un volume di invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi, invece che agli sbarramenti ed ai manufatti di qualsiasi tipo e forma in alveo e fuori alveo, anche temporanei, che non superino i 15 metri di altezza e che determinino un volume di invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi”.