Quotidiano Energia - Continua la telenovela infinita del reattore nucleare Epr di Flamanville, la cui costruzione è iniziata nel 2007 e in base ai piani originari sarebbe dovuta terminare nel 2012. Edf ha infatti annunciato oggi che ovviare ai difetti riscontrati l’anno scorso alle saldature del circuito secondario comporterà uno slittamento dell’avvio del reattore di oltre tre anni.
In occasione della presentazione del bilancio semestrale, il gruppo elettrico transalpino ha reso noto che, a seguito dell’intervento dell’Autorità per la sicurezza nucleare francese (Asn), “sono al momento allo studio tre scenari per riparare le saldature”. Dopo un’analisi che sarà condotta assieme all’Asn, “nei prossimi mesi saranno comunicate le implicazioni che lo scenario prescelto avranno in termini di tempi e costi”, spiega Edf, anticipando però che “la messa in servizio non può essere prevista prima della fine del 2022”.
L’a.d. di Edf, Jean-Bernard Lévy, ha precisato ai giornalisti in conference call che “il tempo necessario per preparare, eseguire e poi testare le riparazioni, fare in modo che l’Asn convalidi quello che abbiamo fatto e quindi rimettere l’impianto nella condizione di effettuare nuove prove e prepararsi all’entrata in funzione comporterà ritardi di oltre tre anni”.
I difetti alle saldature del circuito secondario sono l’ultimo di una serie di problemi che hanno afflitto la realizzazione dell’Epr di Flamanville, che due settimane fa hanno indotto il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ad avviare un’indagine indipendente sulla questione. L’ultimo aggiornamento dei costi del reattore indica 10,9 miliardi di euro - contro i 3 mld € inizialmente stimati - ma è adesso prevedibile un ulteriore aumento.
Analoghe criticità stanno ritardando l’avvio dell’Epr di Olkiluoto 3 in costruzione in Finlandia, la cui entrata in funzione, originariamente prevista nel 2009, è slittata innumerevoli volte ed è ora indicata nel luglio 2020.
In base al bilancio di Edf, la produzione nucleare francese è risultata comunque in crescita nella prima metà del 2019 (203,7 TWh, +0,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) “grazie alla maggiore disponibilità del parco”. Interpellato sull’ondata di caldo che in questi giorni ha messo sotto pressione il sistema elettrico francese (QE 25/7), Lévy ha assicurato che “Edf non ha avuto problemi a soddisfare la domanda” ed è stata “anche in grado di esportare”.
Venendo ai dati economici, Edf mette in bilancio nel semestre un fatturato di 36.469 milioni di euro (+4,3% nei confronti della prima metà del 2018), un Ebitda di 8.346 mln € (+3,5%), un Ebit di 3.672 mln € (+2,1%) e un utile netto di 2.498 mln € (+44,7%).
L’Ebitda, in particolare, ha beneficiato delle attività di produzione e commercializzazione in Francia (+6,5% a 3.971 mln €) e del risultato in Italia (+28,2% a 328 mln €), che hanno più che compensato il calo del 75,9% (a 128 mln €) nel Regno Unito.
“I risultati del primo semestre sono conformi alle nostre previsioni”, ha commentato Lévy, che ha di conseguenza confermato nella forchetta tra 16 e 16,7 mld € la stima di Ebitda per l’intero 2019.
Nel biennio 2019-2020, Edf prevede investimenti per circa 15 mld € l’anno (escluse acquisizioni) e dismissioni per 2-3 mld €.