(di Stefano Secondino)
L'Italia ricava dalle rinnovabili il 37% dell'elettricità che consuma. Niente a che vedere con l'Austria che ne ricava il 78,2%, la Svezia il 74,5%, la Danimarca il 65,3%. E non sono soltanto gli efficienti Paesi nordici ad essere avanti. Anche il Portogallo si attesta sul 54%, mentre la Spagna è al 42,9%.
I dati sono quelli delle autorità nazionali per l'energia raccolti ed elaborati da Eurostat. L'Italia è baciata dal sole e dalle brezze marine, è ricca di acque e di biomasse vegetali, e ha pure con un po' di geotermia in Toscana. Ciò nonostante, sulle fonti pulite è stata ferma per anni. Dal 2011 al 2020 ha installato appena 0,8 gigawatt di nuove fonti pulite all'anno.
Il nostro Paese - si evince dai dati - si è seduto sul gas russo a buon mercato (come la Germania), mentre altri Paesi europei correvano sulle rinnovabili.
I risultati si vedono oggi. Col metano alle stelle, le bollette energetiche sono insostenibili per imprese e famiglie.
Ma il costo dell'elettricità da rinnovabili è un quinto di quella dal gas. Se avessimo investito a suo tempo su sole e vento, oggi avremmo certamente bollette più basse, e non finanzieremmo - sostengono in molti - la guerra di Putin.
I paragoni, dati alla mano, sono impietosi. Le pale eoliche italiane producono 18,8 TWh, il 6,1% dei consumi nazionali di elettricità. Il Paese del sole ricava 24,9 TWh dal fotovoltaico, appena l'8,5% della sua corrente. Altri 47,6 TWh vengono dall'idroelettrico, il 15% del fabbisogno (e le dighe sono impianti che risalgono a decenni fa). Le biomasse dai boschi e dall'agricoltura italiana forniscono appena il 6% della corrente nazionale, 19,6 TWh.
La Svezia produce 27,4 terawattora di elettricità dall'eolico, e progetta di arrivare a 46,9 TWh nel 2024. La Danimarca ricava da questa fonte pulita il 56% dell'elettricità che consuma. In Austria il vento fornisce il 13% della corrente, l'idroelettrico il 56%, le biomasse il 6,4%. Nonostante le brume nordiche, dal fotovoltaico austriaco arriva il 6,3% del fabbisogno elettrico nazionale. Poco meno di quello che arriva nell'assolata Italia.
E non sono solo i nordici a batterci sulle rinnovabili. Il Portogallo produce con le rinnovabili il 54% della sua corrente.
Merito di una buona rete di impianti idroelettrici degli anni Cinquanta, ma anche di una politica lungimirante sull'eolico a partire dagli anni Ottanta. Negli anni Dieci di questo secolo, mentre l'Italia impiegava sette anni a installare una pala eolica, in Portogallo la percentuale delle fonti rinnovabili sul totale dei consumi finali di energia è salita dal 19,2% del 2004 al 28,1% del 2017. Il risultato è che oggi il Paese lusitano ricava dall'eolico il 28% della sua corrente, il 6,7% dal solare, l'8,2% dalle biomasse.