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Cop 26: fatto accordo ridotto, ma c'è l'obiettivo 1,5 C

Grande novità l'intesa Usa-Cina. Ma India si impunta su carbone

Redazione ANSA GLASGOW

di Stefano Secondino

GLASGOW - Alla fine, alla Cop26 di Glasgow è stato raggiunto l'accordo. Un po' annacquato sul carbone e i sussidi alle fonti fossili, per venire incontro alle richieste di India e Cina. Ma alla fine, il documento finale è stato approvato. Con questo, i paesi firmatari dell'Accordo di Parigi (cioè tutti i quasi 200 paesi del mondo) si impegnano a tenere il riscaldamento globale sotto 1 grado e mezzo dai livelli pre-industriali. Un passo avanti rispetto al target principale dei 2 gradi dell'Accordo di Parigi.
    Il documento finale fissa l'obiettivo minimo di decarbonizzazione dei paesi al 2030: un taglio del 45% delle emissioni di CO2 rispetto al 2010. E prevede poi di arrivare a zero emissioni nette intorno alla metà del secolo. Il documento chiede agli stati di aggiornare i loro impegni di decarbonizzazione (Ndc) entro il 2022.
    Le tre bozze iniziali del documento prevedevano un invito ai paesi ad eliminare al più presto le centrali a carbone e i sussidi alle fonti fossili. Ma su questo punto, nella plenaria del pomeriggio si sono impuntate Cina e India. "Non è compito dell'Onu dare prescrizioni sulle fonti energetiche - ha detto il ministro dell'Ambiente indiano, Bhupender Yadav -. I paesi in via di sviluppo come l'India vogliono avere la loro equa quota di carbon budget e vogliono continuare il loro uso responsabile dei combustibili fossili".
    Anche la Cina ha sostenuto la posizione indiana, e alla fine il presidente britannico Alok Sharma ha dovuto cedere.
    Trattenendo le lacrime, ha detto "capisco la delusione, ma è vitale proteggere questo pacchetto". Così, il "phase out" (eliminazione) di centrali a carbone e sussidi alle fonti fossili è diventato "phase down" (riduzione). E il documento, anzi, il pacchetto di vari documenti, è passato.
    Nel pacchetto ci sono anche tre previsioni dell'Accordo di Parigi che finora non erano state attuate: il mercato del carbonio all'articolo 6, il reporting format con cui gli stati devono riferire i loro progressi nella decarbonizzazione, e il Paris Rulebook con le regole per attuare l'Accordo di Parigi.
    Erano tre dossier molto spinosi, ma dopo lunghe trattative la Cop26 è riuscita a portarli a casa Ma ci sono anche le note dolenti. I paesi meno sviluppati denunciano che nel testo non ci sono impegni per il fondo da 100 miliardi di dollari all'anno previsto dall'Accordo di Parigi per aiutare a decarbonizzare e non ancora attuato. E non si prevede neppure un fondo, richiesto a gran voce dagli stati poveri, per ristorare i danni e le perdite dovute al cambiamento climatico.
    Tuttavia, quasi tutti alla fine votano il documento. La rappresentante del Bhutan, a nome del gruppo dei paesi meno sviluppati, dice "il testo non è equilibrato. Ma ora non è il tempo di rinchiuderci nelle nostre differenze, ora è il tempo dell'unità".
    Il documento finale dà l'avvio a tutta una serie di negoziati per migliorare l'azione climatica: riunioni ministeriali annuali, un negoziato sull'adattamento fino alla prossima Cop27 a Sharm el-Sheikh in Egitto, un nuovo obiettivo per la finanza climatica nel 2024 e un dialogo su di un futuro fondo per danni e perdite.
    Greenpeace e Wwf commentano l'accordo dicendo che è debole e manca di coraggio, ma va comunque nella giusta direzione. Greta Thunberg invece è tagliente: "Solo bla bla bla, il lavoro vero comincia fuori da quelle stanze".
    Per il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, il documento finale è "un compromesso. Riflette gli interessi, le condizioni, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo oggi. La collettiva volontà politica non è stata abbastanza per superare le profonde contraddizioni".

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