di Laura Giannoni
Per mantenere le promesse fatte sul taglio delle emissioni, i Paesi poveri ed emergenti avranno bisogno di 3.500 miliardi di dollari da qui al 2030. A tirare le somme, mentre a Parigi si discute di quanto e come sostenere economicamente la parte meno fortunata del Pianeta, è un'analisi di Carbon Brief. Nel pallottoliere sono finite le implicazioni finanziarie degli impegni non vincolanti inviati da 73 nazioni - big quali l'India e il Brasile ma anche i piccoli come le Fiji o il Tagikistan - prima dell'inizio della Cop21.
Il conto - si stima - ammonta ad almeno 3.500 miliardi di dollari, di cui 2.500 miliardi serviranno alla sola India, mentre i restanti mille miliardi si dividono tra gli altri 72 Stati. La provenienza che dovrebbe avere questo denaro non è chiara. Per 420 miliardi si fa esplicita richiesta di finanziamenti internazionali, e alcuni Paesi (tra cui Zambia, Marocco e Angola) si sono impegnati in investimenti domestici che in totale arrivano a 81 miliardi: restano fuori tremila miliardi, la cui origine non è specificata e resta incerta.
In tale contesto, mettere il cartellino del prezzo agli impegni sottoscritti potrebbe essere un elemento utile per arrivare a determinare quante risorse i Paesi ricchi dovranno stanziare per quelli poveri dal 2020 in poi. Un nodo fondamentale anche perché diversi Stati, dall'Afghanistan allo Zimbabwe, mettono i finanziamenti esteri come condizione per mantenere gli impegni. La richiesta di 420 miliardi di risorse estere si traduce in 28 miliardi all'anno dal 2015 al 2030, o in 42 miliardi se si parte dal 2020. Aggiungendo gli 81 miliardi messi da alcuni dei diretti interessati, e gli altri tremila miliardi che si stimano necessari per rispettare gli impegni, la cifra sale a 256 miliardi spalmati su 15 anni, o 355 miliardi suddivisi in 10 anni. Ben al di sopra dei 100 miliardi all'anno su cui si potrebbe raggiungere un accordo.