ROMA - Nel 2010 sembrava che per la tigre non vi fossero più speranze. Il disboscamento e le bonifiche avevano eliminato il 95% dell'habitat storico del felino e il bracconaggio per rifornire il commercio illegale di parti del corpo della tigre l'aveva portata sull'orlo dell'estinzione. In quell'anno i paesi dove vive la tigre, assieme a finanziatori e Ong, attivarono il progetto TX2 per raddoppiare il numero degli individui liberi in natura entro il 2022. Oggi diversi segnali mostrano come il trend di declino delle popolazioni del felino abbia iniziato a invertirsi e il numero di tigri libere in natura sembra si stia avvicinando a 4.000 individui.
Lo afferma il Wwf in occasione della Giornata mondiale della natura selvatica, che ricorre il 3 marzo, ricordando che 10 anni fa si contavano circa 3.200 tigri libere in natura: un drammatico declino rispetto al secolo precedente, quando in Asia si stimavano circa 100.000 tigri.
Fu proprio nel 2010 che rappresentanti delle 13 nazioni che ospitano la tigre (Bangladesh, Bhutan, Cambogia, Cina, India, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Nepal, Russia, Thailandia e Vietnam), allarmati da questo declino e dalle implicazioni che si sarebbero verificate per la biodiversità - racconta il Wwf - i rappresentanti delle 13 nazioni che ospitano la tigre si riunirono a San Pietroburgo per un vertice straordinario, il primo a unire governi, finanziatori - come il governo degli Stati Uniti e la Banca Mondiale - e importanti Ong come il Wwf, con un unico obiettivo: salvare la tigre.(ANSA).